Nuovi guai per Ryanair: Michael O’Leary, amministratore delegato della più chiacchierata compagnia low cost, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Bergamo insieme a Juliusz Komorek, dirigente del vettore che segue gli affari legali. Il motivo? Secondo quanto riportato dal Corriere, omesso pagamento dei contributi e danno all’erario italiano di quasi 12 milioni di euro.
Insomma, dopo aver preso in giro la Polverini nell’ultima delle ben note pubblicità a sfondo ironico, adesso tocca al manager vedersela con la giustizia italiana e spiegare perchè i 220 dipendenti, assunti a Dublino ma operativi nell’aeroporto bergamasco di Orio al Serio, avrebbero i contributi versati in Irlanda anzichè al nostrano Inps.
Tocca ammettere che c’è della coerenza: Ryanair invitava infatti la Polvernini e la sua giunta a risparmiare. E per dare il buon esempio sottopone i dipendenti italiani – che lavorano in Italia – alla tassazione irlandese, decisamente più bassa della nostra. Col risultato che nelle casse dell’erario della Penisola mancano all’appello circa 12 milioni di euro.
Circa, perchè anche sui numeri c’è poca chiarezza: la cifra infatti è stata calcolata, dall’Inps e dalla Direzione provinciale del lavoro di Bergamo, sulla base dell’elenco dei dipendenti consegnati dalla compagnia aerea irlandese. Ma in realtà il numero dei lavoratori potrebbe essere più vicino alle 900 unità stando ai dati della Polizia di frontiera: fate voi i calcoli di quanto mr O’Leary avrebbe quindi risparmiato.
La linea difensiva di Ryanair è sempre la stessa: il fatto di non avere una base organizzativa in Italia ha come conseguenza quella di non dover pagare le tasse in Italia. E i dipendenti, anche se italiani, operano in realtà a bordo di aerei irlandesi: quindi i contributi vanno versati in Irlanda, dove la tassazione è al 12%, anzichè in Italia (dove la percentuale sale al 37%).
Ma c’è un però: le altre compagnie straniere che operano in Italia versano qui anche i contributi. E poi i dipendenti di Ryanair, per contratto, hanno l’obbligo di risiedere entro un’ora dall’aeroporto: il che significa che vivono in Italia e usufruiscono delle prestazioni sanitarie italiane. Ovvero, Ryanair paga le tasse in Irlanda ma scarica i costi sanitari sullo stato italiano: proprio su questo nodo sta indagando l’accusa.
Quindi atterraggi d’emergenza, zecche, adesso evasione: sembra che non parlare di Ryanair per una settimana di seguito sia una mission impossible.