Un pozzo che restituisce un tesoro di valore inestimabile. Un intervallo di tempo durato 2500 anni. Siamo in Sardegna, dove un pozzo sacro ha svelato le antiche perle conservate dalla civiltà nuragica.
La civiltà nuragica si sviluppò in Sardegna durante l’età del bronzo, tra il 2300 e il 1800 a.C.
I Nuragi occuparono i territori sardi per molto tempo e crearono varie costruzioni come quelle destinate alle attività religiose: si trattava di pozzi sacri e fontane sacre, monumenti tra i più elaborati nella zona e legati al culto animistico (per animismo si intende la volontà di accomunare l’insieme di religioni e/o culti in cui viene attribuita una qualità divina o soprannaturale a oggetti, luoghi, esseri materiali) dell’acqua, edificati con tecnica megalitica.
Ed è proprio all’interno di uno di questi pozzi sacri che è avvenuta la scoperta stupefacente.
Sardegna nuragica: i ritrovamenti
Un tesoro nuragico fatto di perle, cristalli e ambra: durante gli scavi di Sos Muros e Buddusò sono emerse tantissime perle di vari colori che dimostrano quanto fossero vivaci gli scambi, i commerci e i viaggi via mare in quell’epoca lontanissima.
Scavando in un pozzo sacro di Buddusò (Sassari) sono emerse tantissime perline trasparenti, celesti, verdi, gialle e color ambra per un totale di 160 perle di collana di epoca nuragica: si tratta del più grande ritrovamento di questo tipo in Sardegna.
Le perle ritrovate sono sicuramente di importazione, almeno secondo il parere degli archeologi; per conoscerne la provenienza bisognerà però attendere i risultati delle analisi di laboratorio.
Gli scavi che hanno portato alla luce questo meraviglioso tesoro sono diretti dalle archeologhe Anna Depalmas e Giovanna Fundoni, in collaborazione con Matteo Pischedda: essi stanno coordinando il tirocinio degli studenti di archeologia di varie università, italiane e straniere.
Non solo perle tra i ritrovamenti: anche un ciondolo a forma di cuore
Ha catalizzato l’attenzione di tutti coloro presenti durante il ritrovamento: stiamo parlando di un pendente in cristallo a forma di cuore. Gioielli di questo tipo non sono sconosciuti agli studiosi degli insediamenti cultuali nuragici anzi, erano abbastanza diffusi come offerte votive; eppure, il sito archeologico di Sos Muros merita un riconoscimento speciale, stando al parere delle archeologhe che stanno dirigendo gli scavi più recenti ma non solo. Di fatti, si tratta del sito che detiene il più grande numero e varietà di vaghi di collana rinvenuti in un solo contesto.
Il significato dei ritrovamenti a Sos Muros
La quantità e la varietà di ciò che è stato rinvenuto a Sos Muros dimostra in maniera inequivocabile l’importanza dell’insediamento della zona e del territorio in generale nel ruolo di recettore di manufatti pregiati di provenienza esterna.
Questo è sicuramente dovuto alla posizione strategica che si affaccia su vie di comunicazione naturali importanti, come il fiume Tirso. Ma non solo: questi ritrovamenti sono anche una chiara conferma del ruolo che avevano i luoghi di culto della civiltà nuragica.
Questi, infatti, ricoprivano un ruolo di fondamentale importanza nella circolazione e nella distribuzione dei beni di lusso anche di provenienza esterna all’isola. Infine, i tesori ritrovati sono anche una dimostrazione della prolificità e della frequenza degli scambi, dei commerci e dei viaggi via mare di quel tempo.