Hanno circa 12.000 anni gli strumenti più antichi mai ritrovati in Israele legati all’arte e più nello specifico alla musica. I ricercatori stanno avanzando le prime ipotesi sul loro possibile utilizzo. Ecco i dettagli della scoperta.
La musica, ancora prima della parola, ha da sempre avuto per l’essere umano una grandissima e fondamentale importanza. Sin dalla preistoria, gli uomini primitivi prestavano per esempio molta attenzione all’acustica della propria caverna proprio perché il suono riprodotto dalla propria voce era l’unico strumento a loro disposizione per orientarsi.
La musica, così come l’arte in genere, era poi un essenziale metodo di comunicazione ed espressione se non addirittura parte delle pratiche di guarigione di alcune tribù. Di recente gli archeologi hanno ritrovato dei reperti di grande importanza proprio relativi alla musica e al suo ruolo essenziale in tempi preistorici.
La musica del passato: scoperti in Israele gli strumenti musicali più antichi mai ritrovati
Un team di ricercatori ha riportato alla luce degli oggetti del tutto particolari dal sito preistorico di Eynan-Mallaha, sulle sponde del lago Hula, in Israele. Questo sito archeologico in realtà è stato oggetto di studi sin dal 1955, ma a quanto pare ancora oggi ha ancora molte sorprese da riservare agli esperti. E questa è una di quelle.
Gli archeologi si sono infatti trovati di fronte a ben sette antichissimi strumenti a fiato, molto simili a flauti, che secondo le prime stime risalirebbero a ben 12.000 anni fa.
Una scoperta quindi del tutto rara e inusuale, la prima di questo genere mai verificatasi in quest’area del mondo.
La struttura dei flauti più piccoli e antichi mai trovati
Dagli studi, pubblicati sulla rivista Nature Scientific Reports, emerge che lo strumento più grande misura circa 63 millimetri ed è sapientemente munito da un punto d’aggancio che consentiva al proprietario di appenderlo a una corda e di indossarlo al collo.
La sua caratteristica principale è quella di essere decorato da sfumature di ocra rossa ed è anche l’unico a presentarsi così perfettamente conservato. Questo strumento, così come tutti gli altri ritrovati, è fatto da ossa di uccelli acquatici ed è costituito da fori equidistanti.
I fori, a loro volta, venivano ricavati tramite l’utilizzo di artigli di rapace. Secondo i ricercatori il rapace in questione sarebbe il falco, i cui artigli erano un tempo ritenuti sacri e ai quali le popolazioni affidavano un profondo significato e valore spirituale.
Il suono della musica di 12.000 anni fa
Una volta soffiatoci dentro, il flauto tra i più grandi ritrovati riproduce dei suoni simili al verso dei rapaci. Gli archeologi sono riusciti ad arrivare a questa conclusione in seguito a degli studi approfonditi condotti tramite l’utilizzo di tecnologie digitali. Queste infatti hanno permesso di riprodurre il suono emesso dai piccolissimi flauti, dando la dimostrazione che le note assomigliano parecchio al richiamo di questi uccelli.
Des flûtes vieilles de 12 000 ans découvertes au Proche-Orient imitent le cri de rapaces. Les scientifiques ont fait de l’archéologie expérimentale pour en étudier le son. Le résultat est .
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Secondo gli esperti questi antichi strumenti appartenevano alla comunità seminomade dei Natufiani, un popolo di cacciatori e raccoglitori che vivevano in quell’area in Israele. Il ruolo di questa civiltà fu fondamentale perché durante l’epoca della loro esistenza si gettarono le basi per la transizione al periodo del Neolitico e quindi in quell’era nella quale l’essere umano inizia a dedicarsi all’agricoltura e all’allevamento del bestiame.
L’utilizzo dei piccoli flauti resta però ancora un mistero. L’ipotesi più verosimile è che servissero per attirare gli uccelli o per comunicare tra loro su brevi distanze.
Tuttavia questa scoperta è di straordinaria importanza per capire meglio le abitudini di questa antica civiltà vissuta nel Vicino Orienta tra il 13.000 e 9.700 a.C. ed esistita per ben 3.000 anni.