Sicurezza in aeroporto: come funziona e qual è il più sicuro del mondo

Sicurezza aeroporti (2)

Dopo l’ultimo attentato kamikaze che ha colpito l’aeroporto Ataturk di Istanbul, in Turchia, provocando 41 morti e centinaia di feriti (un bilancio destinato a crescere), si accende il dibattito su come venga gestita la sicurezza in aeroporto: come funziona? E soprattutto è realmente efficace? Innanzitutto è doveroso specificare che i livelli di controllo sono diversi da Paese a Paese, e vengono modulati anche in base alle necessità e al rischio più o meno imminente di attacco terroristico. Scopriamo quali sono i sistemi più utilizzati e come funziona l’aeroporto di Tel Aviv, considerato il più sicuro del mondo.

CANI ANTIESPLOSIVO 

Negli ultimi tempi e soprattutto dopo gli attentati di Bruxelles, negli aeroporti si vedono sempre di più: stiamo parlando delle unità cinofile addestrate a individuare gli esplosivi. Grazie ai cani addestrati, le Forze dell’Ordine hanno dunque la possibilità di identificare in tempo utile, ordigni sospetti, nascosti nei bagagli, nella struttura dell’aeroporto o anche addosso alle persone. I cani anti-bomba, selezionati in base a criteri molto rigidi, vengono sottoposti ad allenamenti costanti e rigorosi, grazie ai quali sono in grado di intercettare anche minime quantità di esplosivo, nascoste nei posti più angusti e impensabili.

METAL DETECTOR 

Un’altra barriera di sicurezza presente in tutti gli aeroporti è il metal detector. Ne esistono di due tipologie: il portale ed il manuale. Il metal detector portale ha la forma di un arco e le persone vi devono passare attraverso, prima di imbarcarsi in aereo: nel passaggio verrà effettuata una scansione totale di tutto ciò che passerà sotto la macchina. Contemporaneamente degli agenti controllano sul computer che non appaiano oggetti sospetti da controllare. In tal caso, la persona verrebbe fermata per ulteriori controlli. Pertanto il suo imbarco sarà ritardato. Il secondo tipo, ovvero quello manuale, si utilizza soltanto quando qualcosa di sospetto fa scattare l’allarme del metal detector portale.

BODY SCANNER 

Un metodo più sofisticato di controllo presente negli aeroporti è rappresentato dal Body Scanner, un dispositivo di imaging dell’intero corpo, in grado di verificare qualsiasi elemento sia presente sotto i vestiti dei passeggeri. Una macchina che, in altre parole, mette letteralmente a nudo i viaggiatori, escludendo, per motivi di privacy, soltanto la testa. Inoltre, l’operatore che esegue lo screening si trova in una stanza diversa da quella dell’osservato, proprio per evitare che possa identificarlo. L’indagine infatti, ha il solo scopo di individuare l’eventuale presenza di armi e/o esplosivi. Attualmente, soprattutto per i frequent flyer, il fatto che per il Body Scanner vengano utilizzate le radiazioni, rappresenta una preoccupazione: ad oggi però, non esistono studi che abbiano accertato effettivi danni per la salute. Sono comunque in corso delle verifiche.

AEROPORTO DI TEL AVIV 

Come funziona invece nell’aeroporto di Tel Aviv, ovvero il più sicuro del mondo? Innanzitutto, i passeggeri devono arrivare almeno tre ore prima del decollo del volo, vengono sottoposti a una specie di ‘interrogatorio’, alla fine del quale vengono bollati con un indice di pericolosità. Inoltre, il personale addetto ai controlli ruota frequentemente, svolgendo sempre compiti differenti, perché ‘il peggior nemico di chi vigila è la ripetitività’. 

Il primo e il secondo livello: Chi arriva con i mezzi pubblici deve passare sotto un primo metal detector collocato presso la stazione degli autobus o dei treni. Chi, invece, arriva in auto o in taxi, viene fermato a un chilometro dall’ingresso dell’aeroporto, dove due agenti chiederanno informazioni sulla destinazione. Questi sono i controlli di primo livello. Il secondo livello parte all’ingresso dello scalo: qui si trovano diverse guardi armate, che osservano e al massimo fanno qualche domanda ai viaggiatori.

Il terzo livello: prima del check-in, decine di agenti, ‘interrogano’ tutti i viaggiatori: controllano tutte le pagine del passaporto, chiedono la destinazione, domandano la professione, perché si è diretti in Israele, se si è stati in Cisgiordania e molto altro ancora. Agli agenti non sfugge nulla, nemmeno il tono di voce e le espressioni del viso. Poi si arriva al check in con un’etichetta gialla apposta sul retro del passaporto: l’adesivo contiene un codice a barre e una serie di dieci numeri. Il numero 1 è il più innocuo, il 4 e il 5 sono utilizzati per i turisti, mentre il 6 viene attribuito ad arabo-israeliani, attivisti filo-palestinesi.

Il quarto e il quinto livello: dopo il check in il codice a barre viene scannerizzato, così l’agente sa quale sono i passi successivi che il viaggiatore dovrà seguire. I 5 e i 6 dovranno sottoporsi ad altri controlli. I 5 devono passare il bagaglio a mano ai raggi X, mentre attraversano un metal detector. I 6 invece, lasceranno la valigia a un agente che la aprirà per verificare la presenza di esplosivo e materiale radioattivo. Il viaggiatore viene perquisito, entra in un body scanner e subisce un altro interrogatorio. Solo dopo tutto questo iter sarà possibile arrivare all’imbarco. 

La domanda finale ha dell’emblematico: è comunque sufficiente tutto ciò per salvarsi da un attacco terroristico? Probabilmente a Tel Aviv, la maggior parte dei tentativi di atto terroristico vengono fermati sul nascere, ma con buona probabilità i kamikaze di turno sceglieranno un altro luogo particolarmente affollato per farsi esplodere in nome di Hallah. Pertanto non può essere il rafforzamento delle difese la soluzione, ma l’eradicazione del terrorismo all’origine.

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