Il fascino del mistero è sempre stuzzicante. Lo è ancor più quando è legato alla scoperta di una città sommersa nelle acque dell’Oceano Atlantico. La ‘Lost City’ è stata trovata nel corso di una spedizione nell’Atlantico da parte della Nation Science Foundation, nel dicembre del 2000. Tre anni dopo è stata organizzata una seconda spedizione per esplorare le bocche idrotermali che caratterizzano la cosiddetta ‘Città perduta’. Solo nel 2005 è stato realizzato un primo resoconto.
Con precisione si tratta di bocche situate sulla montagna sottomarina Atlantis Massif a tremila metri di profondità che rilasciano metano e idrogeno. Niente a che fare con le fumarole nere, visto che non producono quantità rilevanti di anidrite carbonica, idrogeno solforato o metalli, rilanciando solo metano e idrogeno.
La Città Perduta presenta centinaia di torri di carbonato di calcio
L’ambiente che si prospetta a coloro che hanno avuto la fortuna di visitare il sito è estremamente affascinante: sono presenti centinaia di torri di carbonato di calcio attorno alle quali si è creato un habitat per un numero incalcolabile di forme di vita piccolissime, perlopiù invertebrati, quali: lumache, bivalvi, policheti, anfipodi e ostracodi, oltre ad altre specie che sono ancora oggetto di studio da parte degli esperti. Gli abitanti della Lost City si cibano dell’idrogeno emesso dai camini. Un mondo ancora, per tanti aspetti, misterioso, ma non di meno affascinante non fosse altro perché situato negli abissi marini.
Una realtà che potrebbe dare risposte sull’origine della vita sulla Terra
A rendere tanto attraente questa realtà sono le numerose torri di carbonato che contribuiscono ad attribuire al sito le sembianze di un centro abitato. Gli studiosi non escludono che la città perduta possa dare risposte anche in merito all’origine della vita sulla Terra.
Gli ‘abitanti’ si cibano di carbonio e idrogeno
La singolarità di questo ambiente è che se sia negli oceani sia in superficie le forme di vita si sviluppano grazie a carbonio e ossigeno, nella Lost City, invece, i suoi ‘abitanti’ si nutrono di carbonio e idrogeno. Una constatazione che porta a credere che potremmo trovarci di fronte alle prime forme di vita sulla Terra, ma anche a forme di vita in mondi extraterrestri.
Come preservare questa realtà
La preoccupazione più grande resta quella di preservare questa realtà da eventuali estrazioni minerarie sui fondali marini. Nello specifico sfruttare il fondale marino di questa città potrebbe portare a conseguenze estremamente negative, per chiarire come sia nata la vita sul nostro Pianeta, ma anche – secondo gli studiosi – anche per comprendere se ci siano e come siano le forme di vita su altri Pianeti. (foto Wikipedia)