Alcuni scienziati hanno scoperto un virus, il più antico conosciuto sulla Terra, recuperandolo nel permafrost russo 48.500 anni fa.
La scoperta riguarda dei virus che erano congelati e sepolti da migliaia di anni nel permafrost siberiano.
Scoperto un virus che era rimasto congelato
Con il riscaldamento del pianeta, vaste porzioni di permafrost si stanno sciogliendo, liberando materiale rimasto intrappolato nella sua morsa ghiacciata per anni. Questo include una serie di microbi che in alcuni casi sono rimasti inattivi per centinaia di millenni.
Per studiare i microbi emergenti, gli scienziati hanno ora riportato in vita alcuni di questi “virus zombie” dal permafrost siberiano, tra cui uno che si pensa abbia quasi 50.000 anni. Si tratta senza dubbio di un’età record per un virus congelato che ritorna a uno stato capace di infettare altri organismi.
Per quanto possa apparire alquanto pericoloso, portare in vita un virus congelato per 48.500 anni nel permafrost, stando a quanto affermato dal team di ricerca, svolgere questo tipo di indagini è primario, per verificare il cambiamento climatico.
I ghiacci si stanno sciogliendo velocemente, di conseguenza gli organismi presenti appartenenti a microsistemi estinti, potrebbero evolversi in maniera non prevedibile.
Potrebbero addirittura essere un pericolo per la salute dell’uomo a causa della loro capacità infettiva. L’aumento della temperatura potrebbe è in grado di risvegliare virus patogeni molto antichi. Un’eventualità a cui bisogna prepararsi.
Senza contare che in seguito al riscaldamento climatico, lo scongelamento incontrollato del permafrost rilascia materia organica rimasta congelata fino a un milione di anni. La stragrande maggioranza della quale viene decomposta in anidride carbonica e metano, incrementando ancora di più l’effetto serra.
Virus in fondo al lago: studio e caratteristiche
Gli esemplari più “giovani” sono rimasti congelati per 27.000 anni, il virus più ” anziano” per 48.500 anni, rendendolo il virus più antico che sia mai stato restituito alla vita fino ad ora.
Secondo quanto affermato da Jean-Michel Claverie dell’Università di Aix-Marseille in Francia, il quale in passato, con il suo gruppo di ricerca ha riportato in vita altri due virus di 30 mila anni. Il virus di 48.500 anni viene dal permafrost a 16 metri sul fondale del lago che si trova a Yukechi Alas, in Yakutia, situato in Russia.
Sebbene il virus da primato sia stato rinvenuto sotto un lago, altri siti di estrazione hanno incluso la lana di mammut e le interiora di un lupo siberiano, a loro volta sepolti sotto il permafrost. Avvalendosi di colture di amebe unicellulari vive, il laboratorio ha potuto dimostrare che i virus potevano ancora essere agenti patogeni infettivi.
Si tratterebbe dunque di pandoravirus, ovvero di un virus gigante capace di infettare organismi unicellulari noti come amebe. Per quanto questo sia stato sperimentato in laboratorio, non può infettare piante o animali.
Perché è importante lo studio di virus scomparsi
Come affermato da Claverie, autore dello studio, a causa delle recenti pandemie, occorre guardare ad ogni nuovo virus, con la possibilità di fornire una risposta medica precisa, che sia sotto forma di antivirale o eventualmente di vaccino.
Inoltre ha aggiunto che diventa quindi necessario pensare al rischio di particelle virali antiche che continuano a essere contagiose e che possono tornare in libertà a causa dello scioglimento del permafrost.
A conferma di quanto detto, Claverie ha aggiunto che in passato erano poche le persone nell’Artico ad essere esposte a queste minacce di infezione.
Tuttavia, lo spostamento più persone in queste aree per l’estrazione di oro e diamanti, lo rende più possibile, in quanto vengono rimossi strati del permafrost. Quindi è impossibile calcolare tale rischio.
Della stessa opinione anche Rebecca Katz della Washington University , la quale ritiene che il pericolo sia da prendere seriamente: secondo la ricercatrice la minaccia è molto reale.