In Giappone telecamere anti-tsunami per evitare altri disastri

Telecamere anti-tsunami Giappone
Telecamere anti-tsunami Giappone

Contro future catastrofi che potrebbero di nuovo colpire il Giappone, si sta pensando all’utilizzo di telecamere anti-tsunami. A un anno dal tragico terremoto in Giappone che ha devastato Tokyo soprattutto a causa dell’enorme onda anomala che ha investito la città, la ferita è ancora aperta. Ma i giapponesi, si sa, non sono tipi che le ferite stanno a leccarsele e già prendono misure di precauzione per evitare che il disastro possa ripetersi con le stesse fatali conseguenze.

Fino ad adesso i modelli probabilistici possono prevedere, in seguito a un sisma, il generarsi di un’onda anomale e il tempo di impatto sulla costa. Ma non è possibile valutare aspetti più importanti come la velocità di impatto, il conseguente danno agli edifici, la direzione delle acque e soprattutto i percorsi che i cittadini dovrebbero fare per mettersi in salvo. Due ricercatori americani stanno però valutando l’utilizzo delle telecamere per ovviare a queste mancanze: Costas Synolakis, dell’Università della California del Sud e Hermann Fritz del Georgia Institute For Technology hanno evidenziato come il grande cataclisma sia stato registrato in presa diretta, e a poca distanza, da centinaia di persone.

Grazie all’avanzare della tecnologia, soprattutto in un paese come il Giappone, strumenti di ripresa ad alta definizione sono ormai nelle mani di chiunque, con la diffusione di smartphone e apparecchi simili. Un prezioso bagaglio di testimonianze filmate che è mancato in eventi analoghi come lo tsunami del 2004 in Indonesia. In particolare, nella zona del porto di Kesennuma, molte persone si sono messe in salvo salendo sulle terrazze di due alti palazzi e da lì hanno registrato tutto: dai filmati, gli studiosi hanno valutato la velocità dell’onda di 40 km/h e un’altezza di 9 metri.

La scena è stata ripresa da centinaia di angolazioni diverse: mettendo a confronto i vari filmati si può individuare anche la direzione delle acque e, di conseguenza, calcolare i percorsi più sicuri per i cittadini in fuga. Inoltre i due ricercatori propongono di installare delle telecamere ad hoc che possano in futuro riprendere eventi simili di minore intensità, in modo da aggiungere parametri di ricerca a un nuovo modello di calcolo. Sperando naturalmente che non si debba mai applicarlo nella realtà.

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Foto da Flickr

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