Un brutto dettaglio nel Mediterraneo. Questo è quanto notato da alcuni esperti, che parlano addirittura di effetti disastrosi. Vi raccontiamo di che si tratta.
Che il cambiamento climatico sia la più grande minaccia dei nostri tempi è ormai cosa nota. Ogni giorno esperti da tutto il mondo ci informano sui rischi dell’azione scellerata dell’uomo, tra emissioni di gas, utilizzo immotivato di materiali inquinanti e molto altro. Piano piano le conseguenze iniziano a farsi sentire, a volte in maniera impercettibile, altre con effetti disastrosi. A rimetterci il clima stagionale sempre più fuori controllo, alcune zone del pianeta e soprattutto gli animali.
Un brutto dettaglio nel Mediterraneo, parlano gli esperti
Ad essere sotto la lente d’ingrandimento questa volta sono i nostri mari. Un brutto dettaglio nel Mediterraneo, questo è quanto notato da diversi esperti. Il risultato di questa attenzione è uno studio molto approfondito, condiviso sulla rivista di settore Nature Communications.
Si tratta di una ricerca che ha coinvolto più di 200 scienziati di diverse parti del mondo. Tra questi anche tre ricercatori dell’Ispra. In particolare l’attenzione è stata posta su come l’inquinamento dei mari, provocato dalla dispersione della plastica, influisca sulla salute degli uccelli marini.
Presi in esame 7000 uccelli che fanno parte di 77 specie, messi a confronto con la concentrazione di questi materiali nelle acque. Il risultato è sinceramente molto preoccupante e rischia di peggiorare. Nature Communications parla chiaro: Mar Mediterraneo e Mar Nero sono le zone più a rischio, dove gli uccelli possono incorrere nell’ingestione involontaria di plastica che naturalmente li porta alla morte.
C’è da dire che il problema dell’inquinamento da plastica è una piaga che coinvolge l’intero pianeta. Secondo gli esperti però alcune zone del pianeta presentano una maggiore concentrazione e qui i danni a lungo termine potrebbero essere ancora più disastrosi. Ed il Mediterraneo è una di queste.
Gli effetti della plastica sugli uccelli
Tra tutti i materiali inquinanti che ogni giorno creano problemi ai nostri ecosistemi, la plastica è senza dubbio la più pericolosa. La ricerca di Nature Communications è iniziata per volontà dell’Università di Cambridge, in collaborazione con la BirdLife International e con la British Antarctic Survey.
I mari chiusi e più affollati come il Mediterraneo rischiano dunque di diventare a lungo termine il peggiore habitat per diverse specie. Si stima infatti che smaltire la plastica sia la cosa più difficile da fare in questo momento. Attualmente solo il 9% dei materiali vengono riutilizzati. Ben il 19% viene incenerito ed il 50% invece finisce in discarica. Il 2% ovviamente in mare.
Una delle specie più a rischio secondo lo studio è quella della procellaria. Un uccello di dimensioni piuttosto grandi, dai colori nero e bianco. Lo si trova più facilmente negli oceani dell’emisfero meridionale, poiché ama nidificare sulle scogliere.
Al mondo ne esistono cinque specie, tutte caratterizzate da ali molto grandi e note per una tecnica di volo assai particolare. Amano nutrirsi di pesce e il loro obiettivo di “caccia principale” sono appunto le imbarcazioni da pesca, che trasportano gli scarti della lavorazione, cosa di cui sono molto ghiotte.
Secondo lo studio, questi uccelli ogni anno percorrono circa 30.000 km intorno al Pacifico, e sono fondamentali per osservare le minacce ai nostri ecosistemi. A quanto pare la procellaria incontra le più alte concentrazioni di plastica in alto mare. Questo a causa dei Gyres, che sono correnti oceaniche rotanti. Al loro interno si accumulano quantità incredibili di plastica.
Che cosa si può fare? Gli esperti chiedono alle autorità più che al singolo cittadino degli interventi massimi sull’inquinamento. Riciclare e permettere ai cittadini di farlo meglio. Produrre plastiche a basso impatto per l’inquinamento, cercare di promuovere l’utilizzo in sostituzione di materiali fortemente biodegradabili. C’è ancora troppo da fare. Chissà che non si riesca a trovare presto una soluzione.