Dettagli nascosti nei dipinti di 3000 anni fa ora sono saltati fuori grazie a una nuova tecnologia di imaging chimico. Gli archeologi hanno analizzato due pitture egizie.
Le tecnologie negli ultimi tempi hanno fatto passi da giganti e con le loro innovazioni hanno reso più facile ed entusiasmante anche la vita degli archeologi.
É infatti proprio grazie a una di queste che gli esperti hanno potuto rivelare dei dettagli rimasti altrimenti nascosti nelle antiche pitture della civiltà egizia. Gli studi e tutti i risultati sono apparsi sulla rivista scientifica PLOS ONE.
Dettagli nascosti nei dipinti di 3000 anni fa in Egitto
L’esperto Philippe Martinez dell’Università di Sorbona ha condotto delle ricerche in collaborazione con l’Università belga di Liegi. Grazie all’applicazione di una nuova tecnologia di imaging chimico, i ricercatori hanno potuto studiare in maniera più approfondita alcune opere pittoriche vecchie più di 3000 anni.
Lo studio ha puntato l’attenzione sulla composizione e sulla stratificazione della vernice utilizzata e sull’identificazione di eventuali alterazioni della vernice stessa.
Nello specifico, Martinez e il suo team hanno analizzato due pitture risalenti tra il 1291 a.C. circa e il 1080 a.C. circa, situate nelle tombe della Necropoli situata nei pressi del Nilo a Tebe, una delle principali località più importanti dell’Antico Egitto.
Ciò che ne è venuto fuori è a dir poco entusiasmante. Gli esperti sono stati capaci infatti di identificare modifiche apportate alla posizione del braccio di una figura nella prima pittura. Il motivo dell’alterazione, però, resta incerto.
Sulla seconda pittura, invece, hanno scoperto che a essere state modificate nel corso del tempo sono la corona e altri elementi reali in un ritratto di Ramses II. In questo caso i cambiamenti potrebbero essere legati a un’evoluzione del significato simbolico di quegli elementi.
Cos’è l’imaging chimico?
L’imaging chimico è una tecnica avanzata che combina metodi di imaging (diagnostica per immagini) con l’analisi chimica. Questo approccio consente di ottenere informazioni dettagliate sulla distribuzione spaziale e la composizione chimica di materiali e campioni in modo non distruttivo.
In archeologia, l’imaging chimico si è rivelato un’importante risorsa per studiare e comprendere i manufatti, i reperti e i materiali antichi. Alcune delle sue principali in questo campo includono:
Analisi delle pitture murali e delle decorazioni. L’imaging chimico può rivelare i pigmenti e i leganti utilizzati nelle pitture murali. Permette infatti di comprendere meglio le tecniche artistiche e l’evoluzione delle decorazioni nel corso del tempo.
Caratterizzazione delle ceramiche. Attraverso l’imaging chimico, è possibile determinare la composizione delle ceramiche e individuare allo stesso tempo le differenze regionali o culturali nella produzione e nell’uso di questi manufatti.
Identificazione di inchiostri e pigmenti su manoscritti e papiri. Questa tecnologia può rivelare le tracce di inchiostri e pigmenti sui manoscritti e sui papiri antichi, aiutando gli esperti nella datazione e nell’analisi dei testi e delle immagini.
Studio delle monete e dei metalli. L’imaging chimico può fornire informazioni sulla composizione e sulla corrosione di monete e manufatti in metallo, aiutando a datare e a interpretare meglio i reperti in questione.
Analisi di ritrovamenti archeologici fragili. Essendo una tecnica non invasiva, questa consente di ottenere informazioni dettagliate senza arrecare danni i reperti archeologici. Per questo è particolarmente utile per oggetti fragili o di grande valore.
L’imaging chimico ha contribuito significativamente alla nostra comprensione del passato, fornendo così nuove informazioni su oggetti antichi e arricchendo il mondo dell’archeologia con nuove scoperte e interpretazioni.