Costa Concordia, l’inquinamento all’Isola del Giglio per ora non c’è. Lo dichiara l’Arpat.

Costa Concordia, l'inquinamento non c'è
Costa Concordia, l'inquinamento non c'è

Buone notizie sul fronte del disastro della Costa Concordia: sembra infatti che all’Isola del Giglio il rischio inquinamento sia sotto i livelli di guardia. Lo dichiara l’Arpat, l’agenzia regionale toscana per la tutela dell’ambiente, incaricata degli accertamenti sullo stato delle acque dell’isola che potrebbero essere inquinate dal naufragio: la nave è infatti carica di detersivi, sapone, e altre sostanze chimiche che rovesciandosi sul fondale potrebbero causare un disastro ambientale.

È questo il quadro tragico che fino a poche ora fa l’Arpat ha dipinto alla stampa: il pericolo maggiore è causato dai tensioattivi, una sostanza che si riscontra negli scarichi industriali. Ed è proprio a città industriali affacciate sul mare come Marghera o Piombino che le acque del Giglio sono state paragonate dopo il disastro. Se infatti il limite per legge degli scarichi è di 2 milligrammi al litro, a una prima analisi i tensioattivi sono stati riscontrati con una densità di quasi 3 milligrammi al litro nelle acque dell’isola.

Dopo aver scatenato l’allarme ambiente adesso, fortunatamente, Arpat, fa marcia indietro: Marcello Mossa Verre, responsabile dell’agenzia, dichiara nel suo briefing quotidiano che i valori riscontrati sono stati un fenomeno locale, e che adesso sono negativi. Naturalmente il pericolo non è scongiurato, e si teme non solo per le sostanze riversate in mare, ma anche per quelle sigillate i cui contenitori potrebbero esplodere a causa della pressione della nave sul fondale. Inoltre c’è il problema dei rifiuti solidi che potrebbero inquinare il Santuario dei Cetacei, così vengono definite le acque intorno all’isola. Oggi una commissione di sei ispettori dell’Unione Europea è sbarcata sull’isola proprio per verificare lo stato delle operazioni di recupero e le condizioni ambientali: la gestione del disastro Concordia sarà anche un’ottima indagine per la gestione di emergenze future.

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Foto da Flickr

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