Domenica scorsa una petroliera si è incagliata nella Grande Barriera Corallina australiana, uno degli ecosistemi più delicati e protetti del mondo. Il motivo? Cercava una scorciatoia nel reef per consumare carburante. E il rischio di disastro ambientale è molto alto.
La Grande Barriera Corallina australiana, uno dei luoghi a rischio d’estinzione causa il riscaldamento degli oceani è stata confusa per un’autostrada dal capitano della Sheng Neng I, il cargo cinese che trasportava 950mila tonnellate di petrolio e 65mila di carbone e che adesso è incagliato in una secca nel reef australiano, a 70 chilometri a est della Great Keppel Island.
Anche se per il momento la perdita di petrolio in mare è stata contenuta il rischio di danno ambientale è molto alto: esiste la concreta possibilità che la nave possa rompersi e se si verificasse questa catastrofica ipotesi si andrebbe incontro al più grave disastro ambientale mai avvenuto in Australia.
La corsa contro il tempo è già iniziata e sono state messe in atto tutte le misure possibili per evitare il peggio.
In qualsiasi caso gli ambientalisti sono (giustamente) inferociti e sul piede di guerra: il fragile ecosistema della Grande Barriera Corallina rischia oggi di rimanere in parte distrutto a causa della negligenza di imprese che fatturano miliardi di dollari ogni anno. Molto probabilmente la società proprietaria del cargo, la China Ocean Shipping Group Company (Cosco Group), il più grande armatore cinese, se la caverà con una multa di 650mila dollari, che difficilmente potrà danneggiarla.
Sperando di ricevere presto buone notizie dall’altra parte del mondo, possiamo timidamente dire che, questo incidente ha se non altro, nuovamente puntato i riflettori sul traffico commerciale troppo intenso nella Grande Barriera Corallina australiana, patrimonio mondiale dell’umanità.