Almeria, un territorio di più di 200mila abitanti, terra storica dell’Andalusia, oggi ricoperta, per la maggior parte, da serre in plastica.
Almeria è un territorio dell’Andalusia e si affaccia sul Mar Mediterraneo. Una terra particolare conosciuta soprattutto per il “Mare di Plastica” che la ricopre. Questa zona della Spagna è arida e poco fertile. Il suo clima secco l’ha sempre resa poco sfruttabile dal punto di vista agricolo.
I coltivatori locali hanno, però, trovato il modo di coltivare e di esportare i propri prodotti in tutta Europa già a partire dagli anni ’50 del ‘900. Le serre sono state un espediente che ha permesso ai tanti contadini di proteggere il terreno e le piante dalla salsedine e dal vento.
L’elemento più importante, però, è stato quello di riuscire a trattenere l’umidità del terreno. Cosa che ha permesso di coltivare molti prodotti e commercializzarli. L’introduzione, poi, delle coltivazioni idroponiche e l’utilizzo delle risorse idriche in modo sempre più accorto, hanno permesso di aumentare la produzione.
Il “Mare di Plastica”visto dai satelliti
Il clima, poi, permette le coltivazioni anche nei periodi più freddi. Le serre si estendono su un territorio di ben 40mila ettari e sono la più grande concentrazione di serre al mondo. I satelliti riportano delle fotografie che mostrano lo stato attuale di questa parte della Spagna.
Una distesa di serre grandi e piccole che si intrecciano con i colori del deserto e del mare. Un’innovazione del presente che permette di produrre ortaggi e frutta in grandi quantità, tanto da coprire gran parte del fabbisogno europeo, ma che potrebbero avere delle conseguenze sociali ed ambientali piuttosto gravi.
Il tutto ha avuto inizio nel 1986, e già nel corso nel 2022 gli ettari di terra ricoperti di serre erano arrivati a 26.000. La produzione era salita al 40% di tutta la frutta e la verdura esportata dalla Spagna. Fino ad arrivare ai 40mila ettari di oggi. L’altro lato della medaglia, però, nasconde aspetti poco edificanti.
Visto tutto ciò che si conosce oggi, dall’inquinamento atmosferico, sia per la plastica che per il trasporto, fino allo sfruttamento della manodopera. L’inquinamento delle microplastiche di cui si sta cominciando a parlare sempre di più, potrebbe essere uno dei risvolti negativi.
Anche se, ad oggi, non ci sono ancora delle stime precise. Il trasporto dei prodotti, poi, soprattutto su gomma non è una delle soluzioni da preferire. Ma il fatto più negativo è lo sfruttamento della manodopera locale e straniera.
Il rovescio della medaglia
Quest’ultima, in particolare, fatta da clandestini che arrivano dal Marocco, dall’Africa Subsahariana e, ora, anche dall’Est Europa. I bassi costi dei lavoratori e la caduta dei dazi per l’esportazione hanno portato ad un’ inevitabile domanda da parte di diverse Nazioni estere, soprattutto del Nord Europa e della Gran Bretagna.