Notizie sul fronte del turismo in Asia: una buona e una cattiva. La buona: la Birmania estende la lista dei paesi che possono acquistare il visto turistico direttamente all’aeroporto. La cattiva: la Cina chiude le frontiere del Tibet impedendo l’accesso ai turisti.
La situazione nella Regione Autonoma del Tibet è sempre quella di forte oppressione da parte delle autorità cinesi: è documentata dagli organi di stampa internazionale ed è uno degli argomenti caldi relativi alla libertà e ai diritti civili in Cina. Dal 2009 la protesta dei monaci buddhisti è salita agli onori della cronaca per i numerosi suicidi in segno di protesta: 39 tibetani si sono dati fuoco per denunciare la violenza repressiva.
La Cina ha più volte limitato l’accesso ai turisti nella regione, come ad esempio ai tempi delle Olimpiadi di Pechino del 2008. Ancora oggi vi sono numerose restrizioni, e per entrare in Tibet bisogna essere un gruppo di almeno cinque persone della stessa nazionalità. Ma dall’inizio di giugno, e per ora a tempo indeterminato, c’è il blocco totale delle frontiere. Questo corrisponde alle celebrazioni del Vesak in Tibet, una ricorrenza che ricorda la nascita, l’illuminazione e il passaggio del Buddha. Una festa molto sentita nella cultura buddhista e che rappresenta il picco più alto della stagione turistica in Tibet. Ma non saranno solo i turisti stranieri a vedersi l’ingresso impedito, bensì anche dipendenti pubblici, studenti e pensionati.
Il turismo in Tibet è un argomento molto discusso dalle associazioni culturali e dal Dalai Lama stesso. Da un lato l’afflusso di visitatori permetterebbe di avere un contatto con la realtà tibetana e aumentare il numero di testimonianze delle condizioni di vita sotto la repressione del regime cinese. Dall’altro gli operatori turistici fanno capo a società cinesi, che quindi godono degli introiti del mercato. Generalmente si tende a incentivare le visite per solidarietà al popolo tibetano, ma soprattutto visitare i centri tibetani al di fuori del territorio cinese, come le città indiane di Ladakh e Dharamsala, quest’ultima sede del governo tibetano in esilio.
In Birmania i grossi cambiamenti politici ai quali stiamo assistendo negli ultimi tempi sembrano portare invece notevoli vantaggi e grosse aperture nel settore turistico. E l’ultima disposizione in materia è l’estensione del visto turistico a 26 paesi: non saranno solo gli uomini di affari o rappresentanti delle ONG a poterlo acquistare in aeroporto, ma anche i turisti che non hanno potuto ottenere il visto dall’ambasciata nel loro paese.
Il visto potrà quindi essere rilasciato direttamente all’aeroporto di Yangon, principale scalo del paese ed ex-capitale. Possono farne richiesta i turisti che provengono da questi paesi: quelli dell’ASEAN (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Filippine, Singapore, Thailandia, Vietnam), Cina, India, Giappone, Corea del Sud Australia, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Nuova Zelanda, Norvegia, Spagna, Svezia, Svizzera, Taiwan, Regno Unito e Stati Uniti. Ed è stato già annunciato che la lista verrà ulteriormente estesa.
Tre sono le categorie di visto proposte: Business Visa, visto d’affari di 70 giorni, 50$; Entry Visa, visto turistico di 28 giorni, 40$; Transit Visa, visto di transito per 24 ore, 20$.
Foto da Flickr
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