Leonardo da Vinci aveva già scoperto una delle teorie fondamentali per comprendere l’Universo ancora prima che il suo inventore ne elaborasse la formula. Ecco di che teoria si tratta.
Nel XVII secolo Isaac Newton stava riposando sotto un albero di mele quando un frutto cadde e lo colpì sulla testa, suscitando in lui la curiosità di scoprire per quale ragione gli oggetti cadono verso il basso.
Conosciamo tutti questa storia che sta alla base della scoperta della legge di gravità. Ma se le cose non fossero andate davvero così?
Leonardo da Vinci e la nuova scoperta degli esperti
Leonardo da Vinci è considerato una delle più grandi menti dell’umanità; un artista, scienziato e inventore a tutto tondo che ha rivoluzionato il mondo intero.
Oggi nuovi studi sembrerebbero confermare ancora di più la sua lungimiranza e la sua geniale intuizione capace di prevedere prima di chiunque altro il verificarsi di un evento sulla base di esperimenti, dati e considerazioni logiche.
Tra i manoscritti più preziosi di Leonardo da Vinci troviamo il Codice Arundel, una raccolta di scritti e disegni di ben 283 fogli abbozzati tra il 1478 e il 1518. La raccolta contiene per di più osservazioni su argomenti di vario tipo dalla meccanica all’architettura, dall’astronomia allo studio sul volo degli uccelli.
Di recente gli ingegneri del California Institute of Technology, con la collaborazione di altre figure esperte dell’Università di Scienze Applicate e Arti della Svizzera occidentale, hanno condotto degli studi proprio sul Codice Arundel, rispolverando e analizzando alcuni diagrammi contenuti negli abbozzi custoditi attualmente alla British Library, a Londra.
I risultati delle ricerche, pubblicati sulla rivista Leonardo, sono sorprendenti.
Il Codice Arundel e la prima teoria sulla gravità
Come è noto Leonardo da Vinci fu il primo a cimentarsi nella progettazione di un oggetto volante (l’ornitottero). Proprio per la sua ossessione per il volo, che tanto lo affascinava, probabilmente il Genio Universale si cimentò anche negli studi relativi alla gravità.
Gli autori della recente ricerca hanno infatti trovato tra le pagine del Codice Arundel un esperimento sensazionale con il quale Leonardo sarebbe arrivato molto vicino al punto di poter svelare le dinamiche della gravità. E tutto questo ben cento anni prima di Isaac Newton e Galileo Galilei.
L’esperimento contenuto negli appunti di Leonardo ha come oggetto principale una caraffa d’acqua. Nella prova, la caraffa veniva spostata orizzontalmente facendo rovesciare al suolo acqua o forse sabbia.
Secondo i ricercatori, gli abbozzi mostrano con chiarezza che l’autore degli esperimenti fosse completamente consapevole del fatto che l’acqua o la sabbia non sarebbero precipitate a una velocità costante. Sapeva già che invece avrebbero accelerato e che l’avrebbero fatto verso il basso proprio a causa della gravità.
Dalle sue osservazioni Leonardo si era già quindi accorto che i cambiamenti di accelerazione di un oggetto in caduta avvengono secondo delle dinamiche ben precise.
Leonardo, inoltre, aveva sottolineato nei suoi appunti il fatto che se il movimento della brocca accelera tanto quanto la gravità accelera l’oggetto in caduta ciò che si ottiene è una linea che corrisponde all’ipotenusa di un triangolo rettangolo isoscele. Una linea che Leonardo chiama “equatione di moti”.
In altre parole, Leonardo da Vinci con questa formula aveva già descritto la costante gravitazionale sulla Terra data dall’accelerazione di un oggetto in caduta libera.
L’errore di Leonardo
Tuttavia il Genio non aveva ancora, agli inizi del Cinquecento, gli strumenti adeguati per continuare ad approfondire gli studi e misurare con precisione assoluta il tempo impiegato dagli oggetti nella caduta.
Inoltre Leonardo rimase bloccato nelle sue ricerche sostanzialmente per un concetto aristotelico al quale si rifaceva: la teoria dell’impeto.
Secondo questa teoria, Aristotele sosteneva che per mantenere un oggetto in movimento fosse necessaria una forza continua. Per di più per il filosofo quando un oggetto si trovava in movimento veniva spinto dall’aria che riempiva il vuoto lasciato dietro di sé.
Insomma, la non ancora esistenza della formula del principio di inerzia e la credenza aristotelica che la gravità non fosse altro che la tendenza di un qualsiasi oggetto di disporsi seguendo un ordine naturale, non gli consentirono di elaborare una formula precisa.
In ogni caso, i suoi calcoli e la sua “equazione sbagliata usata nel modo corretto” (come hanno affermato gli esperti) sono serviti da base solida sulla quale un secolo più tardi Newton avrebbe poi teorizzato il concetto della gravità.