Grazie a un calice particolare si è venuto a conoscenza di una curiosità sulla storia degli antichi romani. Ecco quale.
I reperti archeologici e tutto quello che viene ritrovato dopo anni, risalenti alle antiche civiltà, sono dei tesori preziosi che ci danno la testimonianza che la terra su cui viviamo è stata popolata da nostri antennati.
Molti di questi oggetti, sono conservati con cura in musei o collezioni private. E vengono di tanto in tanto ristrutturate o osservate al fine di conoscere in maniera migliore la storia di alcune civiltà.
Ecco il particolare di un calice che ci rivela qualcosa di curioso sugli Antichi Romani
Una delle civiltà che più ci riguarda da vicino e che affascina tutto il mondo è quella degli Antichi Romani. Un popolo che è stato capace di espandere il suo regno oltre i confini e che ancora oggi non finisce mai di sorprendere.
Nonostante siano passati tantissimi secoli, durante alcuni lavori di manutenzione stradale o di scavi, vengono rinvenuti reperti che appartengono all’Antica Roma e che rappresentano delle scoperte uniche nel loro genere.
In particolare, grazie ad un calice, si è venuto a conoscenza di qualcosa di veramente curioso che riguarda gli antichi romani. E che non pensavamo fosse possibile e che ce li fa vedere con un occhio diverso.
Un calice di vetro, conosciuto come La Coppa di Lucirgo, per via della raffigurazione posta su di esso che rappresenta il re Lucirgo di Tracia, un’importante figura mitologica, ha rivelato qualcosa di molto importante.
Acquistato dal British Museum nel 1950, il calice ha per molti decenni interrogato gli studiosi. E solo nel 1990 hanno dato una prima risposta alla curiosa caratteristica di questo oggetto.
La sua particolarità, sta nel fatto che quando è illuminato da una luce diretta, questo calice, tende ad avere un colore verde giada. Mentre quando la fonte di luce proviene dal retro dell’oggetto questo si tinge di un colore rosso sangue.
Gli studi della nanotecnologia sulla Coppa di Lucirgo
Un team di ricercatori, nei primi anni ’90, analizzando dei frammenti di questo calice, hanno scoperto che gli artigiani che l’hanno costruito si sono avvalsi di nanotecnologie, impregnando del vetro con un mix di oro e argento.
In questo modo, una volta raggiunte le dimensioni di 50 nanometri di diametro, gli artigiani Romani, sapevano quale fosse stato l’effetto che avrebbe suscitato questa tecnica e non si tratta di un effetto accidentale.
In particolare, gli elettroni delle parti metalliche, quando vengono colpite dalla luce, vibrano a tal punto da far cambiare il colore a seconda dalla posizione in cui l’oggetto viene osservato dal visitatore.
Uno studio più recente, invece, ha scoperto come questa tecnica è utile per scoprire agenti patogeni presenti nelle urine e nella saliva. E di come questo possa essere utile in futuro anche per evitare attacchi terroristici.
Secondo il team di scienziati, la nanotecnologia usata dai Romani, non si limitava al sol punto estetico. Ma la crearono per evitare che si ingerisse qualcosa che fosse nocivo per la salute.
Grazie a queste scoperte, veniamo a conoscenza che gli Antichi Romani, erano molto abili nel costruire i loro monili e oggetti e che non erano così tanto distanti da noi che oggi utilizziamo tecnologie sofisticate, anche loro lo facevano con i mezzi a disposizione in quell’epoca.