A Taormina torna alla luce un luogo che era entrato nella leggenda. Un luogo davvero speciale scoperto da un gruppo di esploratori.
Lo studio delle fonti è importante per qualunque archeologo. Anche se molto spesso quello che viene tramandato nei libri non corrisponde pienamente alla verità, c’è sempre un elemento da cui si può partire. Ed è proprio da un vecchio volume del 1700 che un particolarissimo gruppo di archeologi ha fatto una scoperta entusiasmante nella zona di Taormina. Una scoperta che ora sarà oggetto di studio da parte degli organi preposti.
Il segreto di Taormina era in un libro
In un volume chiamato La Sicilia in prospettiva, scritto da un monaco gesuita nel 1700, nella zona di Taormina, nello specifico a Isola Bella, si parla di una fonte d’acqua dolce. Una fonte che però non era ancora mai stata effettivamente individuata. Qualcuno probabilmente sarà arrivato a pensare che non era mai esistita realmente.
Alcuni membri dell’Istituto per la cultura siciliana e dell’associazione di Taormina Serapide hanno però trovato esattamente quello che era raccontato nel volume settecentesco. Nel loro racconto, la scoperta è iniziata con un passaggio via mare per raggiungere l’isolotto di Santo Stefano. Lungo la costa di questo sperone di roccia nel mare hanno individuato una stretta fessura che si è rivelata essere l’ingresso di un complesso sistema di grotte che corrispondevano perfettamente al racconto fatto dall’anonimo gesuita che aveva scritto il volume da cui era partita l’indagine.
Il gruppo di esploratori era composto da: Gaetano Consalvo (direttore della sede di Motta Camastra dell’Istituto per la cultura siciliana), Daniel Carnabuci (presidente di Serapide), Nino Luca (esperto sub) e Giuseppe Smedile.
Quello che questi esploratori hanno scoperto è un geosito importante, in cui le condizioni che hanno portato alla formazione delle rocce e alla loro distribuzione dà vita a un percorso che raffredda il vapore acqueo e lo trasforma in condensa. Una condensa che deve essere stata in passato di una quantità tale da far parlare, per esempio proprio nel volume di riferimento, di una fonte sotterranea ad acqua dolce.
La grotta delle Lumie
I tre scopritori hanno deciso di chiamare questa grotta delle Lumie. Il nome è in omaggio a una colonia molto nutrita di una particolare specie di lichene il cui colore predominante è il giallo limone: il Pleopsidium chronophanum.
Le lumie sono degli arbusti molto simili ai limoni e che producono fiori dal colore rosa e frutti che non sono spesso coltivati. Un frutto tipico della Sicilia che viene impiegato per esempio per la produzione di marmellate e confetture.
Le caratteristiche dei frutti potrebbero creare l’illusione che si tratti di veri e propri limoni ma è facile in realtà distinguerli per la forma, che è molto più simile a una pera e molto lontana dal classico limone. La conferma si ha poi aprendo il frutto a metà: all’interno l’albedo (la parte bianca) è molto prominente mentre la parte con il succo, al centro, è di dimensioni modeste.