Quando parliamo di microplastiche il pensiero corre veloce al mare e agli effetti negativi che hanno sull’habitat marino, in alcuni casi così gravi da essere letali. Senza considerare che nella catena alimentare gli esseri umani consumano prodotti ittici che possono aver ingerito questi minuscoli pezzettini di materiale plastico. Il conseguente e più naturale risultato è che anche le persone si trovano a dover fare i conti con la presenza di microplastiche, ingerendole inconsapevolmente, e rischiando possibili irritazioni, infiammazioni intestinali e anche problemi legati al sistema metabolico, neurologico o intestinale.
Se da una parte si discute animatamente delle conseguenze che le microplastiche provocano su animali e uomini, si parla poco degli effetti dannosi che arrecano ai siti archeologici. Sono stati ricercatori inglesi ad accendere i riflettori su un problema poco considerato o, forse, sottovalutato.
In particolare gli esperti hanno svolto uno studio su due siti storici della città di York che risalgono al I o al II secolo, concentrando l’attenzione su Wellington Row e Queen’s Hotel. Lo scorso anno sono stati prelevati alcuni campioni da questi siti, mentre altri sono stati presi da campagne che si sono svolte negli anni ’80, al fine di isolare le microplastiche e fare una comparazione.
Ebbene il risultato è stato che sia in un caso che nell’altro sono stati isolati vari tipi di microplastiche, tra i quali: politetrafluoroetilene, polietilene, polipropilene. La conclusione più logica che è scaturita da questa constatazione è che si tratta di materiale che ha raggiunto quei siti archeologici dal vicino fiume Ouse, dalla pioggia, dagli scarichi fognari, dalle condutture idriche rotte.
Riscontro che, tra le altre cose, è stato oggetto di uno studio pubblicato su Science of The Total Environment, e per il quale gli addetti ai lavori si sono detti estremamente preoccupati. Il rischio è, secondo gli esperti, che le microplastiche alterino le caratteristiche chimico-fisiche dei siti archeologici al punto da limitare anche i risultati di studi sul passato. Nel migliore dei casi c’è il pericolo oggettivo che alterino la ricostruzione storica del passato.
La contaminazione, allo stato delle risultanze emerse, può compromettere i risultati degli studi scientifici che vengono formulati sui siti archeologici, in quanto le microplastiche hanno la capacità di modificare anche gli indicatori ambientali che si trovano nei sedimenti. Un risultato che deve insegnare, sempre secondo gli esperti, da una parte a valutare gli esiti di indagine tenendo in considerazione l’eventuale presenza di questi elementi contaminanti, dall’altra invita alla riflessione sull’idoneità delle procedure di conservazione adottate.
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