Una riserva sottomarina per batterie è stata scoperta proprio in questa area del mondo e potrebbe rivelarsi una risorsa, se solo l’estrazione fosse meno pericolosa. Le indagini sono attualmente in corso.
La notizia davvero incredibile della scoperta di una riserva sottomarina per batterie potrebbe essere positiva. Eppure, visto che l’estrazione dei materiali preoccupa alcuni tra gli esperti per via della sua potenziale pericolosità, bisogna andarci con i piedi di piombo.
Scoperta una riserva sottomarina per batterie
Dopo la scoperta recente di una miniera di litio, giunge quella di un altro giacimento che allo stesso modo sta infuocando il dibattito. Gli esperti sono ogni giorno alla ricerca di nuove risorse che possano in qualche modo portare avanti l’energia del nostro pianeta. Di recente, nella zona di Clarion-Clipperton, che si trova nel fondale dell’Oceano Pacifico e che è amministrata dall’Autorità internazionale dei fondali marini (ISA), si è trovata una vera e propria riserva per le batterie.
Si tratta di una scoperta storica e molto importante, dal momento che estrarre i noduli, che al momento sono situati a più di 4000 metri sotto il mare, potrebbe ridurre le emissioni e anche la possibilità che si perda il carbonio, rispetto a quanto accadrebbe in una classica estrazione terrestre. Eppure, nonostante i numerosi vantaggi, alcuni esperti hanno manifestato i loro dubbi nei confronti di questa pratica. Ma perché, quali sono i rischi dell’estrazione dei noduli che potrebbero servire per le batterie? Ve li sveliamo di seguito, facendo il punto della situazione.
L’estrazione preoccupa gli esperti
Dovete sapere che questa scoperta appena fatta potrebbe cambiare completamente il modo in cui estraiamo le risorse per la realizzazione delle batterie. Quindi è davvero importante. Oppure potrebbe rivelarsi un nulla di fatto, dal momento che secondo alcuni degli esperti la loro estrazione avrebbe dei rischi che in molti non sono disposti a correre. In realtà, sono in corso degli studi che dovrebbero confermare o smentire queste teorie e che magari potrebbero offrire un’alternativa o un modus operandi per ridurre al massimo i pericoli.
Infatti, quando si estraggono queste risorse si utilizzano dei veicoli speciali che dislocano i noduli di manganese, che non sono ancorati al fondo marino. Dopo questa pratica, si procede raccogliendoli e portandoli verso la superficie marina per mezzo di alcuni tubi. Questa procedura, secondo alcune teorie, potrebbe avere un impatto realmente devastante su alcuni organismi marini, che potrebbero soffocare su vaste aree. Come vi abbiamo già detto, le indagini sono in corso e non è detto che ciò avvenga. Tuttavia, prima di procedere con un estrazione invasiva di questo tipo, è fondamentale documentarsi bene per comprendere fino a che punto ci si possa spingere.