Scoperta una capsula di 600 milioni di anni fa, rivela informazioni importanti

Informazioni importantissime rivelate da una capsula di 600 milioni di anni fa. Vediamo insieme questa incredibile scoperta.

Scoperta che rivela informazioni importanti
Scoperta che rivela informazioni importanti – viaggi.nanopress.it

Sicuramente un argomento che affascina davvero moltissimo. Avrete certamente sentito parlare del concetto di “capsula del tempo”. Erroneamente confuso con l’idea di macchina del tempo. Che è però qualcosa per il momento relegato solo alla fantasia di autori di cinema e letteratura. Questo è invece un contenitore che serve a conservare per le generazioni future informazioni o talvolta anche oggetti. Lo si prepara proprio con l’intento di far arrivare un messaggio molto avanti nel tempo. Quella di cui parliamo oggi è davvero molto particolare.

Una capsula di 600 milioni di anni fa, ecco dove è stata recuperata

Le capsule del tempo sono dunque contenitori che spesso raggruppano oggetti o informazioni. Queste vengono attentamente imballate e conservate per arrivare intatte in un futuro. Un periodo che si desidera essere molto lontano nel tempo.

Spesso ci si appone anche una ideale data di apertura. Così che chiunque la trovi possa rispettare la volontà dell’autore di tramandarla alle generazioni più avanti. E all’interno di norma potrebbe contenere documenti, fotografie, monete di conio attuale. Potremmo obiettare che per questo esistono già i musei, però non trovate che sia un’iniziativa davvero affascinante?

Ma come si conservano? Questa è una domanda interessante. Perché queste capsule possono essere sia piccoli contenitori, che veri e propri sarcofagi. O addirittura intere stanze. E sono posizionate in maniera da essere sia nascoste, ma anche facilmente rintracciabili nel futuro.

una-capsula-di-600-milioni-di-anni-fa
Una capsula di 600 milioni di anni fa – viaggi.nanopress.it

Una capsula di 600 milioni di anni fa, spunta ora da molto lontano. Precisamente dall’Himalaya. Naturalmente così la chiamano gli scienziati. Sebbene non si tratti di una vera capsula come la intendiamo noi. Ce lo racconta il team di scienziati dell’Indian Institute of Sciences e dell’Università di Niigata in Giappone.

Non possiamo parlare di vera e propria capsula del tempo, ma così la definiscono gli scienziati. Perché permette di spiegare alcuni eventi che riguardano l’ossigenazione del nostro pianeta.

Una scoperta che arriva dall’Himalaya

In parole povere, l’equipe ha individuato alcune minuscole goccine d’acqua all’interno di alcuni depositi minerali. Precisamente rintracciati nella parte occidentale dell’Himalaya. La spiegazione è che qui probabilmente si trovasse addirittura un oceano antico.

Un’ipotesi molto affascinante che trova fondamento nel ritrovamento e successiva analisi di alcuni depositi di carbonato di magnesio (magnesite cristallina). Il responsabile dello studio, Prakash Chandra Arya, ha spiegato che questa scoperta può definirsi una “capsula per gli oceani“. Un argomento questo secondo loro, del quale ancora sappiamo molto poco. Soprattutto relativamente alla loro posizione e composizione.

Quello di cui gli scienziati ad oggi sono certi è che in un lasso di tempo che va da 700 a 500 milioni di anni fa, il pianeta ha vissuto un fenomeno denominato come Snowball Earth. In pratica una glaciazione. Che coprì di lastre di ghiaccio tutta la terra. Il fenomeno ha fatto sì che in seguito grandi quantità di ossigeno siano state rilasciate nell’atmosfera. Portando dunque all’evoluzione di forme di vita più complesse.

una-scoperta-dallhimalaya
Una scoperta dall’Himalaya – viaggi.nanopress.it

Il ritrovamento delle goccine in Himalaya permette di collegare questi eventi. Qualcosa mai fatto prima, perché appunto non sono mai stati ritrovati fossili o altro. Invece quanto rinvenuto, sarebbe paragonabile all’acqua degli attuali oceani.

In pratica quando la magnestite si è cristallizzata, ha potuto intrappolare le gocce d’acqua, sia di mare che dolce. Essendo priva di calcio e dunque di nutrienti, ha permesso che si sviluppassero così i cosiddetti cianobatteri fotosintetici, responsabili dell’emissione di ossigeno. Di conseguenza questo avrebbe fatto sì che aumentasse anche la produzione di ossigeno fotosintetico e a catena l’ossigenazione neoproterozoica. Un fenomeno che quando si verifica nell’atmosfera porta ad un’evoluzione biologica.

Si tratta secondo Prakash, di una scoperta davvero fondamentale. Potrebbe fornire indicazioni importantissime sui paleo oceani del passato. Si potranno fare ipotesi più precise circa la loro temperatura. E rispondere a domande sulla loro composizione chimica ed isotopica. Saranno stati tanto diversi da quelli attuali? Erano carenti di nutrienti? Solo il tempo saprà dare delle risposte.

Impostazioni privacy