Reperti di 500.000 anni fa sono tornati alla luce grazie a una scoperta italiana. Quanto accaduto nella preistoria potrebbe essere riscritto.
Una scoperta italiana ha riportato alla luce 600 asce di ossidiana, la cui realizzazione è fatta risalire a 1,2 milioni di anni fa.
Questa scoperta assume connotati romantici è il luogo dove è avvenuta: l’Etiopia di re Haile Selassié, colonia italiana durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il rinvenimento di queste asce porta indietro di 500.000 anni la cronologia riguardante l’utilizzo degli strumenti di ossidiana.
L’evoluzione umana presa per mano dall’ossidiana
Vetro vulcanico formato dal rapido raffreddamento della lava, l’ossidiana è caratterizzata da un colore scuro e da una struttura fragile.
In quanto vetro tagliente e fragile, è utile come materiale per utensili e armi, ma difficile da scolpire, poiché si rompe facilmente e provoca delle lesioni.
Fin dall’antichità, e ancora oggi, molte persone hanno utilizzato l’ossidiana come oggetto puramente estetico o come strumento funzionale.
Sebbene l’uso dell’ossidiana sia più concentrato nel Pleistocene (da 2,58 milioni a 11.700 anni fa), l’archeologa Margherita Mussi e il suo team dell’Università La Sapienza di Roma hanno scoperto che “lo sfruttamento dell’ossidiana è aumentato oltre 1,2 milioni di anni fa”.
Le popolazioni che vivevano nella valle del fiume Awash, in Etiopia, hanno lasciato 578 asce trovate a Melka Kunture come eredità, tutte di ossidiana tranne tre.
La scoperta italiana tra evoluzione umana e tracce preistoriche
L’archeologa italiana dell’Università La Sapienza afferma che “dopo che i ciottoli di ossidiana sono stati depositati da un fiume serpeggiante, le persone hanno iniziato a usarli in modi nuovi, creando grandi utensili con bordi affilati”.
L’archeologa sostiene che gli ominidi non solo hanno reagito ai cambiamenti dell’ambiente, ma hanno anche sfruttato nuove opportunità e sviluppato nuove abilità e tecniche.
Secondo Margherita Mussi, la razza umana è l’unica che cammina ancora oggi sulla terra, ma nel Pleistocene esistevano diverse specie affini.
L’archeologa ha continuato dicendo che “l’archeologia del Pleistocene registra cambiamenti nel comportamento e nelle abilità dei primi ominidi.
Tali cambiamenti comportamentali, come nel caso degli utensili in pietra, sono generalmente associati a vincoli ambientali”.
Questa scoperta italiana potrebbe riscrive la storia
Margherita Mussi afferma inoltre che “si ritiene che in passato alcune attività della vita quotidiana fossero svolte in modo uniforme nello stesso spazio. La separazione di attività finalizzate in spazi diversi suggerisce un certo grado di pianificazione, che secondo questa visione si riscontra solo negli ominidi risalenti a 500.000 anni fa”.
Secondo questo studio, i nostri antenati di Melka Kunture producevano asce di ossidiana con una standardizzazione “eccezionale” e un’attenzione ai dettagli che “si concentrava sulla regolarità finale del manufatto“.
L’analisi statistica dimostra che questa attività era mirata, con la produzione di asce a mano altamente standardizzate in un laboratorio adibito per la realizzazione di utensili in pietra.
Una scoperta italiana già candidata a riscrivere la storia dell’umanità e che ha aperto la strada verso la scoperta di questa comunità di ominidi che abitava in quella zona fluviale dell’Etiopia 1,2 milioni di anni fa.