Il fiume Tevere, il biondo fiume che ha segnato la storia di Roma è stato oggetto di uno studio approfondito. Questi i risultati.
Per chi abita a Roma è un punto fermo. Molte indicazioni stradali che ti verranno fornite hanno a che fare con lo scorrere proprio del fiume Tevere. E la storia di Roma è legata a doppio filo al suo fiume. Un fiume che però, secondo alcuni studi cui è stata sottoposta l’acqua, non viene tenuto nel giusto conto.
Il fiume Tevere è in pericolo?
Che non sia consigliato fare il bagno nel Tevere è qualcosa che i cittadini della Capitale sanno bene. Non fosse altro che è terra spesso di colonie di animali selvatici che possono portare anche diverse malattie. Ma accanto ai ratti e all’altra ricca e variegata fauna che abita il fiume Tevere, l’acqua avrebbe un problema di altro tipo: le microplastiche.
Secondo uno studio condotto dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche e dal Dipartimento di Biologia di Tor Vergata, infatti, le acque del fiume che attraversa Roma sono afflitte da una preoccupante quantità di particelle microscopiche di plastica e di polistirolo. E se questo è già un campanello d’allarme l’altro campanello d’allarme, forse ancora più triste e preoccupante, è che queste particelle di plastica non solo si trovano a galleggiare nell’acqua ma stanno prendendo il posto della sabbia e della ghiaia stratificandosi sul fondo del fiume e anche nella zona in cui il fiume incontra il mare. Ad essere analizzati, infatti, sono stati proprio dei campioni di acqua nelle aree di Canale di Traiano e Fiumara Grande.
Il problema della microplastica è a monte
Quando si pensa alla microplastica e a ciò che fa all’ambiente marino, e a noi che dell’ambiente marino fruiamo in quanto essere viventi, si pensa solo a quello che in mare si trova già. Vari studi hanno per esempio analizzato la carne dei pesci che vivono in alcune zone di mare, scoprendo che ormai la microplastica è entrata nel loro organismo.
Per non parlare poi di tutti i rischi legati a quello che produce la microplastica: i rifiuti e gli oggetti abbandonati e che sono pericolosi per la fauna e la flora. E se finora ci siamo preoccupati degli anelli di plastica delle bibite in lattina che strozzano le tartarughe oppure delle buste che fluttuando vengono scambiate per meduse sarebbe il caso di iniziare a preoccuparci anche di tutto quello che facciamo lontano dall’acqua perché, alla fine, nell’acqua arrivano le conseguenze.
Per il fiume Tevere sono state attivate le cosiddette barriere blu, anche su insistenza e con il sostegno di Marevivo. Ma come per esempio spiega Raffaella Giugni anche se queste barriere funzionano purtroppo non riescono a raccogliere le microparticelle. Microparticelle che anche forse i più virtuosi producono e rilasciano.