Alcuni appellativi dati agli abitanti delle città sono piuttosto curiosi, come quello dei messinesi che arriva addirittura dal mare.
La Sicilia è una terra ricca di bellezze artistiche, architettoniche e paesaggistiche. Non solo, nel tessuto sociale si intrecciano usi e costumi radicati in antiche tradizioni. I dialetti siciliani, ad esempio, si dividono in tre grandi aree, quella orientale, che comprende parti di Siracusa, Catania e Messina.
L’area centrale che è suddivisa comprendendo la zona est dell’agrigentino, delle Madonie e quella nisseno-ennese. Infine la parte occidentale che riguarda Trapani, Palermo ed Agrigento. Tra le varie sfaccettature dei linguaggi locali ci sono anche gli appellativi.
Spesso sono udibili per le vie delle città nei discorsi tra i residenti. Ad esempio, i palermitani sono identificati come i lagnusi, ossia i lamentosi. I Catanesi invece come pedi arsi, ossia piedi bruciati oppure fausi, falsi. I messinesi sono chiamati i buddaci, termine che arriva direttamente dal mondo marino.
Nello specifico si tratta di un pesce, lo sciarrano, nome scientifico Serranus Scriba. Popolarmente conosciuto anche come buddace, è un pesce osseo marino che appartiene alla Famiglia delle Serranidae. Vive nelle acque dello Stretto, è lungo circa 25 centimetri ed ha una corporatura abbastanza piccola.
Buddace, non solo un appellativo
Il manto è a strisce blu ed arancioni che paiono una scrittura, da cui deriva il nome. Ma la motivazione per cui è l’appellativo dei messinesi sta nel fatto che ha sempre la bocca aperta, abbocca facilmente anche per il suo appetito.
Di conseguenza i buddaci sono persone considerate ingenue, poco furbe e credulone. Inoltre si vantano senza agire e non sono buoni a nulla. Buddace, in realtà, è un termine che affonda le sue radici molto lontano nel tempo.
Era già utilizzato agli inizi del XX secolo, tant’è che era il titolo di un settimanale umoristico.Una rivista antifascista edita nel 1924: “U buddaci”. Durò molto poco perché venne censurata dal regime nel 1925.
Un ingegnere palermitano, nel 1914, curò il progetto di ricostruzione del Palazzo Zanca, sede del Comune, andato distrutto nel terremoto degli inizi del ‘900. Non avendo ricevuto il compenso pattuito, fece scolpire il pesciolino Serranus sulla facciata del Palazzo in segno di scherno verso i messinesi.
Messinesi, un popolo di valore
Proprio accanto alle sculture legate alla simbologia della città, come la Regina del Peloro, Dina e Clarenza. Questo termine poco edificante di certo non può essere rappresentativo di tutti i messinesi. Ciò è confermato anche da scritti antichi.
Qui la popolazione è descritta invece come intelligente, vivace, ospitale, artistica ed eroica. Oggi, I’appellativo è ancora usato, non solo in senso dispregiativo, ma anche ironico. Fa parte del patrimonio linguistico siciliano e dei messinesi che a volte si autodefiniscono buddaci scherzando, senza minimamente mettere in discussione il loro valore.