Nascosto nelle miniere per anni trasforma gli elementi naturali in oro: c’è un organismo che ha questa straordinaria capacità.
Si tratta di un organismo che dopo aver consumato composti tossici naturali è in grado di produrre pepite in metallo aurifero. Gli esperti di scienza sono ossessionati dalle sue straordinarie doti e stanno cercando di studiare il processo chimico.
Una scoperta davvero straordinaria che sta affascinando ed attraendo l’attenzione degli studiosi di microbiologia, biologia ed esperti del mondo scientifico. Gli studi hanno deciso di analizzare il batterio in grado di trasformare gli elementi naturali in oro. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature.
Nascosto nelle miniere c’è un batterio alchimista che produce oro
Non è fantascienza ma scienza vera e propria: gli scienziati e gli esperti di biologia e di microbiologia hanno scoperto la presenza di un batterio nascosto nelle miniere, che è in grado di trasformare gli elementi naturali in metallo aurifero. Si tratta del batterio-alchimista Cupriavidus metallidurans.
Dal punto di vista microbiologico, questo batterio è stato isolato in Belgio ed è resistente. Un gruppo di ricercatori ha scoperto come questo batterio-alchimista divori metalli e riesca a ingerire composti metallici tossici, producendo minuscole pepite d’oro come effetto collaterale.
Attraverso un processo biogeochimico, il metallo aurifero si dissolve, si sposta e si riconcentra nei sedimenti terrestri. Il batterio alchimista è coinvolto in ogni fase di questo processo: ciò ha portato gli scienziati a chiedersi come i batteri non siano avvelati dai componenti tossici che gli ioni formano nel terreno.
Era l’anno 2009 quando il batterio a forma di bastoncino è stato scoperto dagli studiosi. Questo batterio alchimista ingerisce i composti auriferi tossici e li converte nella forma metallica dell’elemento senza alcun apparente pericolo per l’organismo stesso.
“I risultati di questo studio indicano il loro coinvolgimento nella disintossicazione attiva dei complessi d’oro che porta alla formazione di biominerali d’oro”,
sottolinea il geomicrobiologo Frank Reith.
Dopo anni di studi e di ricerche, i ricercatori sono riusciti ad individuare il meccanismo preciso con cui il batterio realizza questa incredibile impresa.
Il batterio C. metallidurans prospera nei terreni contenenti sia idrogeno che una gamma di metalli pesanti tossici. Ciò implica che tutti gli altri batteri e microrganismi possono essere facilmente avvelenati in un questo ambiente.
“Se un organismo sceglie di sopravvivere qui, deve trovare un modo per proteggersi da queste sostanze tossiche”,
sottolinea un altro ricercatore, il microbiologo Dietrich H. Nies della Martin Luther University di Halle-Wittenberg in Germania.
Come fa il batterio C. metallidurans a sopravvivere alle sostanze tossiche?
Gli studiosi ed i microbiologi hanno concentrato l’attenzione sulla capacità del batterio alchimista di sopravvivere e di proteggersi dalla presenza di sostanze tossiche presenti nel terreno. Il batterio ha un meccanismo di protezione che lo mette al riparo dagli elementi tossici sprigionati dall’oro e dal rame.
I composti che contengono tutte e due questi elementi possono entrare facilmente nelle cellule del batterio alchimista. Una volta all’interno, interagiscono in modo tale che gli ioni di rame e i complessi d’oro vengano trasportati in profondità all’interno del batterio.
I batteri impiegano enzimi per spostare i metalli fuori dalle loro cellule – per il rame, c’è un enzima chiamato CupA. Ma la presenza dell’oro provoca un nuovo problema.
“Quando sono presenti anche composti d’oro, l’enzima viene soppresso e i composti tossici di rame e oro rimangono all’interno della cellula”.
Il C. metallidurans ha un enzima nella manica, conosciuto come CopA.