Inquietante nuova scoperta, mai visto nulla del genere: ricercatori preoccupati

Qualcosa di così preoccupante da lasciare senza parole gli stessi ricercatori. È l’inquietante nuova scoperta di questi giorni, che getta una nuove luce su una situazione già allarmante. 

Ricercatori preoccupati
Ricercatori preoccupati – viaggi.nanopress.it

Una notizia così assurda e al contempo foriera di discettazioni e preoccupazione da parte degli scienziati, da aver immediatamente fatto il giro del mondo a pochi giorni dalla sua scoperta. Ha molto a che fare con la natura e con il modo in cui la cura che abbiamo del nostro pianeta rischia di mettere a repentaglio anche la vita di numerose specie. Scopriamo insieme di che si tratta.

L’inquietante nuova scoperta dei ricercatori, ecco di che si tratta

Lascia senza parole perfino gli scienziati, che pure ogni giorno impegnati in sempre nuovi studi sul fragile ecosistema terrestre, ne vedono letteralmente di tutti i colori.

La notizia viene dal valido sito web Reuters ed immediatamente rimbalzata in tutto il mondo. Ci troviamo in Brasile e precisamente nell’isola vulcanica Trindade. Qui nell’ambito di una spedizione dedicata allo studio del terreno roccioso del luogo, i ricercatori si sono imbattuti in qualcosa che non stavano affatto cercando.

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inquietante nuova scoperta – viaggi.nanopress.it

Alcune formazioni rocciose sottoposte ad analisi si sono infatti rivelate a base di un materiale che mai ci sarebbe aspettato di rinvenire. Ebbene, si tratta di…plastica!

Le rocce inquinate dell’isola Trindade, mai visto nulla del genere

Gli stessi ricercatori sono infatti senza parole.

Come è possibile che delle rocce possano essere composte di plastica? In realtà a ben pensarci è più semplice di quanto si pensi. Gli scienziati li chiamano plastiglomerati.

In pratica residui di materiali in plastica non hanno fatto niente altro che “fondersi” letteralmente col calore del sole e delle temperature presenti sull’isola, insieme a granuli del terreno formando quindi questi agglomerati misti, di forma e consistenza simili alle rocce.

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Roccia in plastica – viaggi.nanopress.it

Come la plastica sia arrivata fin lì non ci dovrebbe sorprendere in realtà, considerato il sempre più enorme problema dell’inquinamento, soprattutto delle acque di tutto il pianeta, emergenza che gli scienziati sottolineano di continuo chiedendo un aiuto nel tentativo di mettervi un freno.

Il commento del team di ricerca all’inquietante scoperta

A commentare la notizia direttamente la geologa a capo della spedizione in Brasile. La dottoressa Fernanda Avelar Santos rivela che questi plastiglomerati sono principalmente composti di reti da pesca.

Perse, abbandonate di proposito, insomma le acque ne sono piene, e trascinate dalla corrente fino al terreno ecco che hanno dato vita a questo fenomeno inquietante.

Avelar Santos definisce la notizia veramente “terrificante”. L’emergenza inquinamento è reale, ma in questo caso è evidente abbia iniziato a toccare non più solo i mari, ma anche la geologia. Fenomeno che risulta ancora più preoccupante se pensiamo al luogo di rinvenimento delle rocce di plastica.

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Chelonia mydas – viaggi.nanopress.it

L’isola Trindade è un arcipelago di origine vulcanica appartenente allo stato Espirito Santo. Abitata da pochissimi membri della marina militare, dovrebbe essere un’oasi per alcune specie.

Il condizionale è d’obbligo in questo caso, considerata l’emergenza appena rivelata. Su quest’isola trovano rifugio ogni anno le Chelonia Mydas, tartarughe verdi che si recano qui per deporre le proprie uova.

La vicinanza con questi materiali inquinanti mette a repentaglio naturalmente la sopravvivenza di una specie già inserita nella Lista rossa della Iucn, l’Unione internazionale per la conservazione della natura. La Chelonia Mydas ne fa parte come specie in pericolo già dal 2004.

Questo rende ancora più evidente la necessità di un intervento massiccio sull’utilizzo smodato della plastica e sul suo corretto smaltimento. Secondo le stime, nel 2022 sono stati consumati circa 139 milioni di tonnellate di questo alto materiale inquinante, praticamente quasi 6 milioni di più rispetto al 2019, facendo salire vertiginosamente anche la quantità rilevata nel mare.

La UE sta cercando di combatterne la diffusione con la direttiva sul divieto di vendita di plastica monouso, già in vigore dal 2021, ma è evidente che servano misure ancora più capillari.

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