Arriva direttamente dalle Dolomiti un impensabile segreto che sconvolge la scienza. Scopriamo insieme di che cosa si tratta.
Per noi rappresentano soprattutto una località vacanziera e una meta molto ambita per chi vive quella della settimana bianca come una vera attività irrinunciabile. Eppure le Dolomiti rappresentano anche molto altro, soprattutto per gli scienziati che da sempre ne osservano da vicino la sua complessa componente naturale.
Note anche come Monti Pallidi, le Dolomiti sono senza dubbio una delle zone naturali più belle, amate e frequentate del nostro paese. Non solo, perché per la loro componente naturale sono anche estremamente importanti a livello naturalistico.
Non a caso in questa enorme catena montuosa si trova anche un importante parco nazionale e ben nove parchi naturali. E naturalmente come gli appassionati di sport all’aria aperta sanno bene, è sede anche del più grande comprensorio sciistico noto come Dolomiti Superski.
Non stupisce dunque che l’UNESCO nel 2009 le abbia dichiarate Patrimonio dell’Umanità. E mentre si preparano ad accogliere anche quest’anno migliaia di turisti pronti ad invadere le piste, ecco che rivelano anche un impensabile segreto. Procediamo però con ordine: il nome di questo complesso montuoso deriva anche da una roccia assai particolare che le compone, ovvero un minerale noto come Dolomite. O meglio che si chiama così per il primo studioso ad averle individuate, ovvero Deodat de Dolomieu. Le rende bianche al punto che il soprannome è anche quello di montagne pallide.
Gli scienziati sono stati per anni letteralmente ossessionati da questi cristalli. Hanno anche cercato di riprodurli in laboratorio, purtroppo con risultati infruttuosi. Questo almeno fino ad oggi. Perché una soluzione arriva ora da una ricerca che vede impegnati due team.
A fare un enorme passo avanti in questo senso sono stati gli scienziati dell’Università del Michigan in tandem con l’Università di Hokkaido in Giappone. Una scoperta la loro, che ha visto alternarsi diversi esperimenti e minuziosi studi in laboratorio.
Dunque secondo gli esperti una soluzione potrebbe essere variare il livello di saturazione per favorire la crescita dei cristalli. Che a quanto pare hanno molto bisogno per formarsi, di una fluttuazione di questi livelli. Lo racconta lo stesso team alla rivista Science in un saggio dal nome “Dissolution enables dolomite crystal growth near ambient conditions”.
E a dar voce in maniera ancora più articolata alla sensazionale scoperta è anche Andrea Dini, ricercatore del Cnr-Igg. Lo scienziato spiega che sebbene nessuno fino ad oggi era riuscito a comprendere come potevano formarsi questi cristalli, è chiaro che questo fenomeno avviene a bassa temperatura. Aggiunge inoltre che si tratta di un passo avanti davvero molto importante non solo per la svolta che rappresenta per il territorio dolomitico, ma anche perché in generale ci aiuta molto a capire di più del nostro pianeta da un punto di vista geologico. Anzi potrebbe addirittura aiutare a fare luce più dettagliata su alcune ere geologiche.
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