Costruito il più grande aspiratore di CO2 del mondo. Una struttura preziosa che dovrebbe avere presto altre strutture sorelle nel mondo.
Se vogliamo continuare a parlare di viaggi, se vogliamo continuare a raccontare delle città sul mare e della vita sopra e sotto la superficie marina è necessario rivedere il nostro rapporto con l’immensa quantità di CO2 che anche i più semplici dei nostri atti quotidiani rilasciano in atmosfera. Oltre a cercare di ridurre l’impatto ambientale personale c’è chi sta provando a lavorare con l’anidride carbonica aspirandola dall’aria e a cercare di trasformarla in innocue rocce. Il tutto senza gravare ulteriormente sull’ambiente attraverso una centrale geotermica.
Aspiratore di CO2, l’esperimento in Islanda
Potrebbe sembrare assurdo che proprio in Islanda sia necessario installare un aspiratore di CO2 ma ci sono tutta una serie di motivi per cui questo progetto messo in piedi dalla società Climeworks si trova lì.
E vale subito la pena sottolineare come Climeworks non si sia fermata alla sola Islanda ma stia progettando di diffondere i suoi aspiratori di CO2 per esempio in Canada, in Norvegia, negli Stati Uniti e in Kenya. Il sistema di aspirazione della CO2 che si trova in Islanda, in un centro che si chiama Mammoth, funziona ora con 12 dei 72 contenitori di raccolta previsti. Per evitare di mandare in fumo il bene che l’eliminazione della CO2 può fare all’ambiente, la struttura è innanzitutto alimentata da una centrale geotermica e quindi di per sé non produce altra anidride carbonica. Ma come funziona? Il processo, estremamente affascinante, trasforma in pratica la CO2 in roccia.
Aspiratore di CO2, un prodigio della chimica
Come spiegato sul sito ufficiale di Climeworks il processo consta di tre parti. La prima parte è quella di risucchio dell’aria attraverso un ventilatore che si trova all’interno delle strutture di raccolta. Quando l’aria è all’interno di questi enormi bacini di raccolta viene fatta passare attraverso un filtro che intrappola le particelle di anidride carbonica.
Il filtro si riempie gradualmente della sostanza ricercata e, quando è totalmente pieno, si chiude e la temperatura all’interno viene fatta salire fino a 100 gradi. Raggiunti i 100 gradi, il filtro rilascia la CO2 e il gas viene così avviato alla sua raccolta permanente. Ad occuparsi della trappola di roccia dell’anidride carbonica la società partner di Climeworks, Carbofix, che attiva un processo che viene chiamato “mineralizzazione”.
La CO2, viene spiegato ancora sul sito ufficiale di Climeworks, viene raccolta con iniezioni all’interno di “rocce reattive” che in realtà non fanno altro che rendere più veloce un processo che avviene naturalmente da sempre. Un trucco che viene utilizzato è quello di sciogliere l’anidride carbonica nell’acqua, in modo da poter sfruttare anche la presenza dell’acqua per intrappolare la sostanza dannosa. Con gli anni, la CO2, intrappolata all’interno di rocce dette femiche, si trasforma a sua volta in minerali carbonati, come per esempio la calcite.