Armi chimiche nei mari italiani. Legambiente ne denuncia oltre 30.000

Legambiente denuncia armi chimiche in mare
Legambiente denuncia armi chimiche in mare

Secondo Legambiente sarebbero 30.000 gli ordigni chimici sul fondo dei mari italiani che metterebbero in pericolo l’ecosistema e la salute di tutti. Rifiuti industriali di vecchie fabbriche di armi, barili di sostanze tossiche, residui di bombardamenti dell’ultimo secolo… Questo il preoccupante resoconto emerso da un rapporto dell’associazione ambientalista intitolato Armi chimiche: un’eredità pericolosa.

Legambiente ci dà i numeri e ci dice anche le località a maggiore rischio. Dei 30.000 ordigni inabissati 10.000 sono nel porto di Molfetta e di fronte a Torre Gavetone; nel golfo di Napoli giacciono 13.000 proiettili e 438 vecchi barili di sostanze tossiche; nel mare di Pesaro 4300 bombe di iprite e 84 tonnellate di testate all’arsenico. Senza contare i depositi di armi chimiche della Chemical City a Ronciglione, presso Viterbo, e l’industria bellica di Colleferro, provincia di Roma. L’Adriatico è inoltre contaminato dalla presenza dei resti di bombe a grappolo sganciati dagli aerei Nato durante la guerra in Kosovo. Questi ordigni provengono direttamente dalle fabbriche di armi italiane delle prime due Guerre Mondiali, e la loro presenza è praticamente coperta dal segreto di Stato e minaccia la salute delle popolazioni locali.

L’elenco delle sostanze tossiche è preoccupante per quanto riguarda la loro pericolosità: si segnalano veleni come l’arsenico, l’iprite, la lewsite, il fosgene e il difosgene, l’acido clorosolfonico, la clorpicrina. Il Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche è nato proprio per il monitoraggio dei siti contaminati, la denuncia e la richiesta di bonifica. L’associazione di Legambiente chiede al governo, in particolare al Ministero della Difesa, una presa di responsabilità per prendersi cura della situazione.

Foto da Flickr

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