Non sono un set di Dario Argento ma resti di un ordine religioso fedele a dei valori precisi.
Cosa ci fanno i resti di circa 4.000 persone al Centro di Roma? È quello che probabilmente si chiedono i visitatori che, per caso o per macabra curiosità, capitano alla cripta della chiesa di Santa Maria della Concezione dei Cappuccini, conosciuta anche con il nome di Santa Maria Immacolata a via Veneto.
A pochi passi da una delle vie più patinate della Capitale, tra locali alla moda e ispirati alla Dolce Vita, c’è anche un angolo oscuro legato a uno dei periodi più bui del Paese. Chi vi mette piede rimane affascinato ma anche vagamente turbato dal mistero che aleggia intorno a questo luogo, che sa unire l’arte funeraria a un simbolismo religioso importante. Ecco la storia della Cripta dei cappuccini di via Veneto.
Chi mette piede in questo luogo, viene subito ammonito da un presagio funereo: “Quello che voi siete noi eravamo; quello che noi siamo voi sarete”. È il “benvenuto” che riceverete al civico 27 di via Veneto, tramite una targa posta all’ingresso della chiesa di Santa Maria della Concezione dei Cappuccini. Lo spettacolo è macabro e forse proprio per questo incuriosisce ogni anno migliaia di turisti da tutto il mondo: intorno a voi troverete migliaia di teschi a ornare i resti di frati collezionati in un arco temporale che va dal 1528 al 1870. Prima di allora, teschi e scheletri erano sepolti nel vecchio cimitero dell’ordine dei cappuccini, situato nella chiesa di Santa Croce e San Bonaventura dei Lucchesi nel rione Trevi.
La cripta fu costruita tra il 1626 e il 1631 per ordine di papa Urbano VIII, poiché suo fratello Antonio Barberini era un frate cappuccino. Il cardinale Barberini fece scavare i resti di migliaia di cappuccini nel Monastero di via dei Lucchesi appunto, facendo collocare le loro ossa lungo le pareti della cripta come opere d’arte e simboli.
Si stima che ogni anno la cripta dei Cappuccini sia visitata da più di 200.000 persone e i turisti famosi di certo non mancano. Il marchese de Sade fece visita per esempio nel 1775 commentando “non ho mai visto niente di così sorprendente”: quello che può sembrarvi un nome comune, in realtà cela un grande elogio se si considera che il marchese aveva la nomea di aver scritto pornografia violenta. Era infatti un libertino francese, tant’è che a lui si deve il termine “sadismo”, considerando che Sade condusse una vita così depravata che la parola fu coniata dopo di lui. Quasi un secolo dopo, nel 1867, anche uno scrittore americano in erba si presentò alla cripta. “Ecco uno spettacolo per i nervi sensibili!” esclamò nientepopodimeno che Mark Twain, colpito dai suoi “pittoreschi orrori”.
Il museo che costituisce in un certo senso questo luogo ripercorre la storia dei Cappuccini, una cripta ricca di manufatti – tra cui rosari e strumenti di penitenza – e persino di un dipinto originale di Caravaggio: si tratta di San Francesco in meditazione, che raffigura il santo patrono cappuccino crogiolato nel chiaroscuro, con contrasti di luce e ombra, che sembra sereno mentre tiene in mano un teschio. Beato lui in uno scenario del genere, verrebbe da dire!
L'Italia è un autentico scrigno di tesori nascosti, e i suoi borghi sono tra le…
La sfida oggi non è solo chi costruisce l'auto più veloce o la più elegante,…
Ci sono strade che corriamo così spesso che quasi smettiamo di pensarci. Il rumore del…
Ci sono strade che portano segreti, percorsi che attraversano una città con una storia invisibile…
Benzina, il comunicato improvviso: addio per sempre. Automobilisti distrutti: ecco di cosa si tratta... È…
Immagina di essere al volante e di dover affrontare un imprevisto che potrebbe cambiare radicalmente…