Dal 2003 esiste una mappa delle zone sismiche in Italia redatta dall’Ingv, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Una cartina che descrive il rischio di terremoti secondo il parere degli esperti in tutta la penisola da nord a sud; e che ora è anche al centro di una discussione sulla responsabilità delle istituzioni nella gestione delle emergenze in materia di eventi geologici, come ci racconta Giovanni Caprara sul Corriere della Sera.
Come dicevamo, prima del 2003 non esisteva ancora un documento del genere. Questo, nonostante ci fossero già degli studi condotti dai geologi per classificare le aree a rischio sismico in base ad episodi precedenti. La politica non si occupò di trasformarla in un regolamento amministrativo, nonostante i solleciti. Fu solo con il terremoto del 2002 di San Giuliano di Puglia nel Molise, dove il crollo di una scuola provocò la morte di 23 bambini più una maestra, che il documento fu tirato fuori dal cassetto.
La mappa del 2003 poneva l’Emilia nella quarta area di classificazione, quella che prevede un rischio di terremoti fino a un massimo grado di magnitudo 6.2 della scala Richter: esattamente come avvenuto col terremoto del 20 maggio. L’Ingv pubblica sul suo sito la mappa, ma bisogna aspettare il 2006 per ottenere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
La mappa adottata dalla Protezione Civile doveva essere il punto di riferimento di ogni regione per mettere al sicuro le costruzioni dei territori a rischio sismico o edificarne di nuove seguendo le norme antisismiche che le previsioni richiedevano. Fatto sta che nessuna ordinanza ha mai imposto alle regioni di correre ai ripari: ogni regione poteva scegliere o non scegliere di adattarsi alle misure di sicurezza, e questo perché una legge nazionale non poteva interferire con i provvedimenti regionali. La legge Abruzzo è entrata in vigore per proteggere le zone a maggiore rischio con una microzonizzazione che descriveva in maniera precisa, area per area, la quantità del pericolo e le aree di intervento. Solo dal alcune parti è stata adottata, nel Lazio ad esempio è diventata obbligatoria.
Solo con il terremoto dell’Aquila del 2009 sono state varate delle Norme tecniche di costruzione per tutta la penisola. Questo iter proceduto a rilento, secondo l’Ingv, è stata la causa di un deficit di protezione che è in parte responsabile dei danni avvenuti. Soprattutto perché la carta mostra con precisione il rischio sismico che si è esteso nelle zone dell’Italia del Nord.
Come si può vedere dalla cartina il rischio sismico più elevato si colloca nell’Italia centro-meridionale, mentre le zone più a settentrione (tra Lombardia e Piemonte), assieme alla Sardegna e alla parte bassa della Puglia hanno una valutazione più bassa. La pianura padana, invece, dati gli episodi dell’Emilia e del Friuli hanno esteso la loro classificazione. Per consultare la mappa delle zone sismiche italiane potete andare sul sito ufficiale dell’Ingv.
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