Uno dei reperti più interessanti per la nostra specie è stato scoperto di recente. Pare abbia 153.000 anni. Scopriamo insieme di che si tratta.
Un’incredibile scoperta che arriva da lontano. Un nuovo traguardo inaspettato nel mondo dell’archeologia e che è molto importante per la specie umana. Qualcosa che si riteneva fino ad oggi raro nella zona del suo ritrovamento. Il frutto del lavoro di un team che ne ha pubblicato i risultati su una rivista scientifica. Vi raccontiamo nel dettaglio di che si tratta.
La scoperta è avvenuta all’interno del Garden Route National Park. Si tratta di un parco nazionale che si trova nella regione della Garden Route, nelle province di Western Cape e Eastern Cape in Sud Africa.
Nota per essere una riserva costiera ricca di foreste indigene, la costa spettacolare e l’Otter Trail. La sua istituzione risale al 6 marzo 2009, accorpando i due parchi Tsitsikamma e Wilderness, la Knysna National Lake Area e varie altre aree di terra demaniale. Rientrano nel suo territorio anche 605 chilometri quadrati di foresta indigena.
All’interno di questa incredibile oasi si trovano diversi sentieri percorribili da escursionisti. Percorsi adatti a viaggiatori di diverse preparazioni atletiche che permettono di ammirare laghi, spiagge e tutte le sue foreste. Il più celebre è il Kingfisher Trail, perché percorribile anche solo in un giorno. Lungo l’itinerario si trova anche una passerella che attraversa il Touws River.
Soprattutto è una zona ricca di laghi, dunque destinazione prediletta da chi pratica sport acquatici come windsurf, canoa, vela e pesca. E da oggi è anche sede di una importantissima scoperta archeologica. Si tratta di una impronta umana che risale a ben 153.000 anni fa.
Lo comunica il ricercatore della Nelson Mandela University, Charles Helm. Helm è un ricercatore associato presso l’African Center for Coastal Paleoscience. Attualmente svolge un dottorato di ricerca presso la Nelson Mandela University all’interno del Dipartimento di Geoscienze.
I suoi studi hanno contribuito molto ad uno studio di una disciplina emergente, la geomitologia nell’Africa meridionale. Ha tenuto numerosi seminari soprattutto sulla paleontologia, l’icnologia e la geomitologia in Canada ed in Sud Africa.
La scoperta riguarda dunque uno dei reperti più interessanti per la nostra specie, avvenuta in una zona, dove non si pensava di poterla rintracciare. Sicuramente l’impronta più antica mai attribuita all’Homo Sapiens in questa area.
Secondo il team si tratta di un reperto davvero raro ed importante. Basti pensare che fino a vent’anni fa, era opinione comune tra gli studiosi che le tracce umane risalenti a più di 50.000 anni fa fossero rare, se non impossibili da trovare. In tutta l’Africa solo quattro zone, per un totale di 14 negli anni hanno restituito tracce di questo tipo.
I più ricchi sono Langebaan e Nahoon in Sudafrica, Laetoli in Tanzania e Koobi Fora in Kenya.
Per reperire le impronte in questi anni è stata utilizzata una tecnica particolarissima che è la luminescenza ottica. Sembra che questi territori si prestino molto all’applicazione di questa tecnologia, grazie al quarzo presente nel terreno.
Nel commentare uno dei reperti più interessanti rinvenuti in queste zone, il team spiega appunto che si tratta della più antica traccia attribuibile all’Homo Sapiens. Un traguardo interessante che mette un nuovo tassello sulle tracce umane ritrovate in queste zone. Ad esempio nei siti preistorici di Laetoli, le impronte sono state attribuite agli australopitechi, all’Homo erectus e all’Homo Edielbergensis.
Tracce di Homo Heidelbergensis sono altrettanto rare. Si tratta di un ominide che visse tra 600.000 e 100.000 anni fa. Il nome si deve a ritrovamenti fatti ad Heidelberg in Germania e Baden Wurtemmberg. Alcuni resti di questo ominide sono stati recuperati in Africa, Asia ed Europa.
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