L’uomo e la sua storia di convivenza con gli animali selvatici, un rapporto che, nel tempo, ha subìto diverse trasformazioni.
Dal XIX secolo il rapporto uomo – natura aveva trasformato il territorio e, di conseguenza, gli habitat naturali. La pratica venatoria, diventata eccessiva, e gli insediamenti urbani avevano portato a una decimazione degli uccelli, ma anche dei cervi, caprioli, cinghiali e lupi.
Oggi, fortunatamente, la situazione è cambiata e in via di miglioramento. Il convegno “I grandi mammiferi tra reintroduzioni e ritorni spontanei: rileggere la storia, scrutare il futuro” ha cercato di ricostruire i motivi che hanno portato al ripopolamento di alcune specie.
Non solo, ma gli esperti hanno tentato di comprendere quali saranno i prossimi passi per aiutare le diverse specie animali ad affrontare le sfide del futuro. Il ripopolamento di alcune specie animali ha avuto inizio già dagli anni ’70 con la nascita di diverse associazioni ambientaliste.
In parallelo nasce anche la biologia della conservazione, una disciplina scientifica che ha come obiettivo quello di ridurre “l’impatto antropico sugli ecosistemi” e prevenire, quindi, l’estinzione della specie.
Si inizia, così, a reintrodurre nell’ambiente animali che si consideravano estinti a causa dell’uomo. E’ stato fatto per i cinghiali, reintrodotti nel corso di questi ultimi anni. Diversa è la storia dello stambecco alpino e del camoscio appenninico.
La loro tutela fu decisa ancora nel corso dell’800, ma solo perché la nobiltà potesse cacciare gli ultimi esemplari superstiti. Nel corso del 1922 l’istituzione dei Parchi Nazionali del Gran Paradiso e d’Abruzzo ha cambiato il corso della loro storia.
Tra gli anni ’60 e ’70 del ‘900 furono reintrodotti alcuni esemplari in tutto l’arco alpino. Oggi il camoscio appenninico conta all’incirca 4.000 animali. E’ stata certamente una delle operazioni di conservazione di maggiore successo.
Gli spostamenti ad opera dell’uomo non sempre sono stati positivi. L’introduzione di specie aliene ha messo a rischio l’equilibrio dell’ecosistema delle nostre montagne. L’arrivo del cervo sika, originario dell’Asia, e di alcuni ammortaghi, originari dell’Africa hanno spostato alcune specie italiane in altre zone della penisola.
Il ripopolamento del lupo, invece, che ha riconquistato gran parte dell’Italia, non è dovuta all’opera dell’uomo. In seguito al divieto di uccidere gli animali, lo spopolamento delle aree rurali e il ritorno delle prede selvatiche, ha permesso il suo ritorno.
Per l’orso bruno marsicano la situazione è ancora diversa. La popolazione conta circa una cinquantina di esemplari. Nell’ultimo periodo, anche se a fatica, sta tornando a popolare le aree del Parco Nazionale d’Abruzzo, lazio, Molise.
Continuano i problemi con la popolazione della lince. Prima estinta e in seguito reintrodotta, conta, però, ancora pochi esemplari rispetto al lavoro svolto in questi ultimi anni. Le reintroduzioni vanno, comunque, fatte dopo un’attenta pianificazione e valutazione insieme alle poplazioni locali
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