C’è un’isola così lontana che per riuscire a raggiungerla è necessario un viaggio lungo una settimana. A fronte della globalizzazione capace di mettere in connessione le varie aree del mondo sotto il profilo economico, culturale, politico e sociale, esiste una realtà lontana al punto da risultare estranea al progresso tecnologico. Un luogo avvolto da mistero, ma soprattutto nel quale il tempo sembra essersi fermato a tempi andati.
Un piccolo paradiso terrestre per qualità naturali e paesaggistiche, ma così separato dal mondo da renderlo quasi ‘estraneo’ ad esso. Una realtà distante migliaia di chilometri dal Continente che conta poco più di 200 abitanti i quali hanno scelto di vivere in questo lembo di terra, quasi irraggiungibile: c’è solo una nave mercantile che ospita al massimo 12 passeggeri che una volta a settimana fa scalo sull’isolotto.
Stiamo parlando di Tristan da Cunha l’isola principale dell’omonimo arcipelago situato nell’oceano Atlantico meridionale. È ancora oggi territorio britannico e dista da Città del Capo ben 2810 chilometri e 2437 chilometri dall’isola di Sant’Elena. Un territorio scoperto nel sedicesimo secolo da un navigatore portoghese che ha dato il suo nome all’isola che è rimasta disabitata per tanti anni, fino a quando non vi sono approdati naufraghi e viaggiatori di passaggio, fino a creare un piccolo insediamento denominato ‘Edimburgo dei sette mari’.
Tra i naufraghi approdati su queste terre, anche due italiani. Andrea Repetto e Gaetano Lavarello, arrivati a Tistan da Cunha nel diciannovesimo secolo, hanno deciso di non lasciare più l’isola che anche per volontà dei suoi abitanti risulta ancora oggi la più isolata al mondo.
Anche oggi non è così semplice raggiungere questo territorio, i suoi abitanti ci tengono a preservare questa realtà così com’è, tenendola lontana dalla civilizzazione e dalla globalizzazione. Anche quando, nel 1961, un’eruzione vulcanica li costrinse a lasciare l’isola per essere portati al sicuro nel Regno Unito, una volta passato il pericolo, scelsero di tornarvi per ritrovarsi avvolti dalle caratteristiche di pace, tranquillità, originarietà del territorio.
La lingua del posto è l’inglese, ma si tratta solo di quella ufficiale, perché quella parlata è un dialetto chiamato ‘Tristan da Cunha English’ con influenze scozzesi e sudafricane. La vita dei residenti scorre lenta al suo del mare e delle attività di intrattenimento possibili: pesca, escursionismo e musica locale, realizzata con strumenti tradizionali. Sull’isola, tutto si svolge soprattutto all’aria aperta, in un costante scambio tra gli abitanti del posto membri di una comunità che, dato il numero ridotto, risulta più come una famiglia allargata.
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