Roma nasconde posti molto particolari, uno di questi è piuttosto inquietante, passarci accanto può mettere paura.
Nel cuore della Capitale, può capitare di passare davanti ad un negozio molto particolare. La sua vetrina, infatti, ospita teste, braccia e gambe di vecchie bambole rotte. Se non si conosce il posto, si potrebbe pensare a un luogo degli orrori.
In realtà è una bottega artigiana tra le più antiche di Roma e tra le poche rimaste ancora aperte. L’insegna porta scritto: “Restauri Artistici Squatriti”, ma tutti i romani la conoscono come “Ospedale delle Bambole”.
Qui trovano rifugio tantissime bambole, soldatini, pupazzi di pezza, ma anche vecchi vasi o oggetti di antiquariato. Insomma, tutto ciò che deve essere aggiustato. Il titolare, Federico Squatriti, insieme a sua madre Gelsomina, riportano in vita ciò che si è rotto.
Un luogo che racconta un pezzo di storia romana e che sembra essere sospeso nel tempo. In un mondo come quello di oggi dove tutto si acquista e, appena smette di funzionare, si butta, questa bottega dimostra, al contrario, che ogni cosa può ritornare ad essere ciò che era.
Aperta ancora nel 1939, è ancora attiva. E’ il punto di riferimento per i tantissimi appassionati che hanno un oggetto antico, un ricordo da far risistemare. Ma il titolare non è solo un “dottore”. Costruisce su ordinazione per il tatro e il cinema.
E, per chi è curioso di vedere il signor Federico al lavoro, può assistere ad alcune sue dimostrazioni. Per questo è necessario, però, prenotare. Una bottega simile esiste anche in un’altra città. Ha una lunga storia che risale ancora al 1800.
Non si poteva trattare se non di Napoli, la città partenopea che ha sempre dato molta importanza a bambole, burattini, pupi e personaggi ironici. Luigi Grassi lavorava nella via conosciuta come Spaccanapoli.
Sapeva costruire e riparare qualsiasi oggetto gli veniva portato. Il suo laboratorio attirava tantissime persone curiose fino a quando, un giorno, una mamma entrò per chiedere a Luigi di aggiustare le braccia rotte della bambola della sua bambina.
E Luigi la fece tornare nuova. Naturalmente, come capita di frequente, la voce si sparse e di lì a poco tante mamme iniziarono a portare le bambole delle loro figlie. Dalla vetrina si vedevano braccia e gambe di bambole che penzolavano.
Una persona, un giorno, mentre passava fuori dal negozio disse: “Mi pare proprio un ospedale delle bambole”. Da allora sopra alla vetrina del negozio troneggia l’insegna: “Ospedale delle bambole”, con tanto di croce.
Oggi, oltre a “riparare” i desideri di quelle bambine che rivogliono la propria bambola o orsacchiotto ancora “sani”, le figlie, quarta generazione, che portano avanti il laboratorio, hanno aperto un museo visitabile nei fine settimana.
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