La Grotta di Veja, così tanto ricca di fossili, non era mai stata scavata così in profondità: la prima scoperta a 180 metri di profondità.
Hanno esplorato la grotta in dettaglio per la prima volta e sono stati trovati oltre 200 fossili. È già noto che le grandi grotte carsiche del Parco della Lessinia a nord di Verona sono particolarmente ricche di fossili, ma finora sono state esplorate solo in parte.
Un gruppo di ricercatori guidato da Elena Ghezzo, ricercatrice dell’Università Ca Foscari di Venezia, finalmente ha esplorato la Grotta di Veja e fatto una scoperta impressionante.
La Grotta di Veja è una grotta carsica con una ricca storia. Visitata da Dante Alighieri, sormontata dal famoso Ponte di Veja e dipinto dal pittore Andrea Mantegna, la grotta si trova nel Parco della Lessinia nella zona collinare, a nord di Verona, del vino Valpolicella.
I fossili della Grotta, noti agli esploratori sin dagli anni ’30 e ancora poco conosciuti, forniscono molte prove che la convivenza uomo-fauna selvatica è durata nell’area per migliaia di anni.
Oggi la Grotta ospita la più grande colonia di pipistrelli del Veneto, ma da 12.000 anni qui vivono anche orsi, tassi e lupi. Il gruppo di ricerca guidato da Elena Ghezzo, ha rinvenuto infatti più di 200 fossili durante la prima esplorazione della Grotta di Veja.
Il lavoro di ricerca al Parco della Lessinia, avviato nel maggio 2021, ha preso vita con una campagna di scavi da poco conclusa e ha coinvolto otto operatori, permettendo loro di identificare e documentare un gran numero di fossili importanti per ricostruire il contesto di esistenza di uomini e animali in quella zona.
“Siamo andati sul fondo di una grotta che non era mai stata esplorata prima”, dice Elena Ghezzo “che ci ha permesso di recuperare e documentare i reperti fossili e stratigrafici scoperti da scavi illegali”.
Orsi delle caverne, micromammiferi e carboni sono stati già trovati nei primi scavi condotti dall’Università Ca’ Foscari nel 2021. Ma l’ultima campagna è andata anche oltre. L’area di scavo di pertinenza si trova infatti a una profondità di quasi 180 metri dall’ingresso, nella parte più interna della grotta.
Ed è proprio in quel punto che è stata fatta una scoperta importante. “Abbiamo trovato prove della presenza umana negli ultimi 10.000-12.000 anni“, dice la paleontologa, “lupi e tassi e alcune scoperte minori sono ancora da determinare.”
I reperti fossili indicano una presenza umana nella grotta di Veja almeno dopo l’ultima era glaciale. Questa è una situazione assolutamente unica in cui l’uomo è stato emarginato nella natura selvaggia e dominato dai grandi carnivori.
I prossimi passi includono un’ulteriore datazione radiometrica delle scoperte da strati profondi, possibilmente databili prima dell’evento glaciale, e studi molecolari di alcuni materiali. Infatti, in determinate condizioni sul fondo delle grotte, il materiale fossile ha uno stato di conservazione unico, con lo smalto dei denti meglio conservato dell’osso.
“Lavorare a tali profondità ha richiesto un grande sforzo per garantire coordinamento e sicurezza a tutti i soggetti coinvolti”, aggiunge Elena Ghezzo. Il gruppo di ricerca ha anche lavorato per ridurre al minimo il disturbo agli animali sotterranei e ai visitatori delle grotte. “Abbiamo lavorato utilizzando solo lampade a batteria, così da non utilizzare generatori elettrici.”
E per il prossimo anno è già prevista una nuova campagna di scavi.
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