Milano è tra le città dove insieme a Roma e Napoli è più difficile trovare casa. La questione abitativa è strettamente collegata a quella degli affitti brevi: a dominare sulla scena la piattaforma Airbnb.
Trovare casa a Milano è praticamente impossibile negli ultimi anni. Le difficoltà principali riguardano le condizioni di vivibilità degli alloggi, le zone e soprattutto i costi. Mentre studenti e fuorisede chiedono alle istituzioni di intervenire, un soggetto che sta trovando riscontro positivo dall’altra parte della barricata, quella dei locatori, è Airbnb. Il capoluogo meneghino vede un giro di affari da 4 miliardi l’anno sugli affitti brevi, con un incasso medio di 31mila euro. Perché tanto successo tra gli host milanesi?
In un’intervista del 2021 su Altraeconomia, Jacopo Lareno Faccini e Alice Ranzini, entrambi urbanisti e autori di ““L’ultima Milano” spiegavano come è cambiata la morfologia della città negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda il diritto alla casa e le difficoltà per tante persone di trovare una sistemazione nel centro urbano. “Il mercato immobiliare è considerato l’unico traino legittimo della trasformazione urbana” – spiegava Lareno Facini – “A Milano non si è impostato nessun ragionamento radicale su come catturare la rendita, come fatto a Parigi con Airbnb o a Berlino, con il referendum sui grandi patrimoni immobiliari”.
Questa situazione ha sicuramente dato un incentivo agli affitti brevi, che sono poi il core business di Airbnb. Oggi stando a Inside Airbnb gli alloggi sulla piattaforma sono 23mila, ma solo 6mila sono affittati in pianta stabile e per una locazione lunga. Se si considera che, secondo gli ultimi dati Istat, a Milano si contano 1,4 milioni di case, e di queste 17,7 milioni di alloggi sono sottoposti ad affitti brevi (dati: airDNA) è evidente come il mercato immobiliare debba fare i conti con una piattaforma che si sta ponendo come competitor quanto ad affitti e locazioni.
La fotografia che arriva da Milano è di una città che dove l’81% degli annunci su Airbnb è per case o appartamenti. Le percentuali aumentano se ci si avvicina al centro storico: basti pensare che in parco Sempione il 97,7% sono abitazioni private.
Aigab ha stimato come giro di affari intorno a questa tipologia di affitti un ricavato medio di 31mila euro annui. Dagli importi, poi, l’host deve sottrarre la cedolare secca, i costi delle utenze, delle pulizie e portali online: circa il 42-43% in meno, una percentuale che avvantaggia quindi la piattaforma. Ecco perché, chi gestisce l’alloggio in autonomia, a questo punto, si tutela senza intermediari. Ma a farne le spese invece è l’affittuario, che rischia di non avere garanzie.
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