La leggenda di Beatrice Cenci, anima vagante che morì giustiziata durante l’Inquisizione.
In una città come Roma, dove la storia pervade ogni strada e ogni pietra, alcuni dei personaggi storici che popolarono in vita la Città Eterna lo fanno ancora sotto forma di spirito o fantasma. Leggenda, fantasia o realtà, di notte queste presenze nascoste, la cui anima è intrappolata tra il mondo dei vivi e quello dei morti, vagano nei luoghi da loro abitati. Tra queste, c’è anche il fantasma di Beatrice Ceci, una giovane nobildonna che si dice il 10 e 11 settembre di ogni anno, torni a trovare i romani e i visitatori per ricordare la sua vita tumultuosa. Ma cosa si nasconde dietro a questa leggenda secolare?
Il fantasma più famoso di Roma è, forse, quello di Beatrice Cenci, giovane nobildonna romana del periodo tardo rinascimentale. La sua tragica storia ha ispirato artisti e pittori, tra cui Guido Reni, poeti e romanzieri come Shelley e Stendhal.
Costretta a convivere con un padre-padrone, Beatrice decise di denunciarlo dopo anni di violenze. Le sue richieste di aiuto però caddero nel vuoto, nonostante chiunque a Roma sapesse che tipo di persona fosse Francesco Cenci. Al culmine dell’esasperazione, Beatrice e Lucrezia, seconda moglie del padre, insieme ai fratelli Giacomo e Bernardo, il castellano Olimpio Calvetti e al maniscalco Marzio da Fioran, decisero di ucciderlo. Giacomo lo stordì con l’oppio mescolato a una bevanda. Una volta addormentato, Marzio gli spezzò le gambe con un mattarello, e Olimpio lo finì colpendolo sul cranio e sulla gola con un chiodo e un martello. Per simulare una morte accidentale, decisero infine di gettare il corpo di Francesco da una balaustra.
Ma le ferite di Francesco Cenci, una volta ritrovato il corpo, furono ritenute incompatibili con una semplice caduta. Attraverso le indagini approfondite, e all’utilizzo estremo della tortura, gli inquirenti ottennero le confessioni complete degli indagati. Il processo li condannò tutti a morte e la loro esecuzione avvenne all’alba dell’11 settembre 1599. Tra i giustiziati c’era anche Beatrice Cenci.
Correva l’anno 1599 quando Beatrice Cenci, allora di 22 anni, fu giustiziata per decapitazione davanti a Castel Sant’Angelo (Mausoleo di Adriano). Ad essere onesti, la sua storia non fu un evento tanto insolito nella Roma rinascimentale governata dal Papa. Allora, le condanne a morte e i padri violenti erano abbastanza comuni. Secondo le istruzioni di Beatrice, il suo corpo fu sepolto in una tomba anonima nel cimitero di San Pietro in Montorio. Insolita fu invece la reazione del popolo romano che, conosciuti i motivi dell’omicidio, insorse contro la decisione del tribunale, ottenendo un breve rinvio dell’esecuzione per l’11 settembre 1599.
Da allora, ogni anno, nella notte tra il 10 e l’11 settembre, alcuni giurano di aver visto il fantasma di una giovane donna camminare avanti e indietro lungo il ponte che porta a Castel Sant’Angelo, Ponte Sant’Angelo appunto, con la propria testa mozzata tra le mani.
In via di Monserrato, sull’antico luogo del carcere di Corte Savella, oggi non più esistente, nel 1999 il Comune di Roma ha affisso una targa commemorativa che recita:
“Da qui dove era la prigione di Corte Savella, l’11 settembre 1599 Beatrice Cenci, a sinistra, direzione al piccolo, una vittima esemplare di una giustizia ingiusta”.
Secondo il suo testamento Beatrice fu sepolta nella chiesa di San Pietro in Montorio, ma in una tomba senza nome (essendo stata giustiziata). Per il popolo romano divenne il simbolo della resistenza contro l’arrogante aristocrazia. Ancora oggi, a distanza di secoli e in concomitanza con la notte della sua esecuzione, la leggenda vuole che sul ponte compaia il suo fantasma, portando con le mani la sua testa mozzata.
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